Il regista canadese Éric Falardeau debutta nel cinema con un “body horror” di cui ha curato anche la sceneggiatura e si è occupato della produzione. Thanatomorphose (Canada – 2012) è il termine francese che dà il titolo a quest’opera disturbante e indica “i segni visibili di un organismo in decomposizione causati dalla morte”. Thanatomorphose è proprio questo, un lento e inesorabile declino fisico, una morte corporea dettagliata e curata nei minimi particolari che lo elevano a shockante film estremo.
Il titolo con il relativo significato, la storia e le locandine rappresentano solo il contorno di un’opera che scava tra le pieghe della carne decomposta per svelare i retroscena delle pene dell’anima e dell’amore.
Thanatomorphose è strutturato in tre atti (Despair, Another e Oneself) ognuno dei quali rappresenta un differente stadio del deterioramento fisico e psicologico del personaggio.
Protagonista è Laura, una ragazza che conduce una vita monotona, senza alcun entusiasmo e che si fa usare come un oggetto sessuale dal suo fidanzato. Improvvisamente un giorno si accorge che qualcosa nel suo corpo sta cambiando e, convinta che si tratti di un malessere passeggero, cerca di curarsi con i soli medicinali che ha in casa. Purtroppo col passare del tempo non riscontra alcun beneficio e anzi il suo aspetto fisico inzia a decadere.
La morte esteriore è solo il più atroce riflesso della morte interiore della protagonista. La sua apatia nei confronti della vita e la mancanza di stimoli rendono questa esile donna un involucro di carne in stato di decomposizione. A Laura non serve chiedere aiuto perché accetta la sua condizione, come ha sempre accettato tutto ciò che le si è presentato davanti senza mai reagire. La decadenza fisica mostra i suoi segni che peggiorano giorno dopo giorno fino a quando il suo corpo inizia a liberare fluidi corporei, a indebolirsi e a essere cibo per vermi.
Il suo stesso appartamento diventa prigione del suo corpo e poi tomba della sua anima, riflettendo il decadimento della sua ospite che qui trova soltanto il piacere sessuale mai provato. In questa torbida location, in cui il ronzio delle mosche è una costante e per cui quasi si avverte l’odore di putrefazione, non solo è praticato l’autoerotismo ma il corpo deteriorato è anche considerato oggetto sessuale attraente e accettabile.
Alla morte esistenziale e fisica si intreccia dunque la più orribile delle parafilie: la necrofilia. Il tema dell’amore qui diventa una sorta di elevazione, di sollievo dal dolore generale che la giovane è costretta a sopportare, soprattutto quando, sprofondata sul suo letto impregnato di sangue e di essudato purulento, cerca di reagire contro il rigor mortis.
Il senso di morte opprimente e amore deviato che avvolge quest’opera funesta e romantica è riconducibile solo e soltanto a quel capolavoro di Nekromantik. Thanatomorphose quasi eguaglia il film di Buttgereit come nessun altro titolo è mai riuscito a fare.
Il senso asfissiante che si prova nel vedere questa pellicola, oltre al tema trattato, è dato anche dall’unica location e dall’eccellente musica funerea (del compositore Rohan Kriwaczek) che permea l’intero film.
Bravissima Kayden Rose nel ruolo (non semplice) della protagonista. A lei si aggiungono Émile Beaudry, Davyd Tousignant, Karine Picard, Eryka L. Cantieri, Roch-Denis Gagnon, Pat Lemaire e Simon Laperrière. Da lodare gli effetti speciali artigianali a cura di David Scherer.
Thanatomorphose ha vinto tre premi come Miglior Film nei festival internazionali di cinema indipendente. A questi award si sommano quelli ricevuti per la Miglior Regia, per la Miglior Attrice Protagonista e per gli effetti speciali tra cui l’ultimo appena conferito all’Horrorant Festival di Atene.