Il 2016 ha visto il regista Chad Ferrin (The Ghouls, Qualcuno bussa alla porta), impegnato alla regia di due nuovi film horror ovvero The Chair (qui la nostra recensione in anteprima) e Parasites. Dopo The Chair, il claustrofobico film sui detenuti torturati e seviziati dai secondini nonché dal direttore del carcere, abbiamo avuto il piacere di visionare e recensire per i fanatici del genere anche Parasites.
Trattasi di un survival horror, scritto dallo stesso Ferrin e che vede protagonisti tre ragazzi braccati da barboni senza scrupoli.
Chad Ferrin omaggia John Carpenter e la sua filmografia più caratteristica, portando in scena una storia cattiva e violenta in cui gli unici mostri sono i derelitti del genere umano ovvero quei senzatetto che la società ha freddamente emarginato. Parasites ci mostra il sogno infranto di un gruppo di ragazzi spensierati ai quali il destino ha riservato un’inspiegabile quanto ingiusta discesa all’inferno attraverso un turbine di sadismo gratuito e finanche la morte.
Sarà proprio durante una passeggiata in auto, infatti, che tre amici si perderanno per le squallide stradine della città. Qui diventeranno il passatempo preferito di una feroce gang di derelitti senza fissa dimora capeggiati da Wilco (Robert Miano). Per il più fortunato dei tre giovani, quella notte si trasformerà in una disperata lotta per la sopravvivenza.
Parasites stende dinanzi allo spettatore, sin da dubito, un tappeto di invitanti promesse, tanto da far emozionare anche i più smaliziati seguaci del regista di 1997: Fuga da New York. Inequivocabile è il desiderio di Ferrin di emulare John Carpenter e così anche le sue pellicole tipiche quali, oltre alla succitata, anche Assault on Precinct 13, ad esempio. Il tema dell’assedio, la suspense che ne consegue e la claustrofobica consapevolezza della morte imminente sono caratteristiche però di una filmografia registica (quella di Carpenter) che definire didascalica è riduttivo. Calcarne le orme può così diventare un’arma a doppio taglio soprattutto qualora si oltrepassi quel sottile confine tra omaggio e plagio. In fase di scrittura, Ferrin sembra essersi dimenticato di non essere il regista di Prince of Darkness e così finisce per proporre un film che, sì è un pregevole esercizio di stile ma che accusa i colpi di facili quanto infelici paragoni.
Retto da regia e fotografia encomiabili, Parasites in realtà è stato costruito su una sceneggiatura ingenua, poco solida e che lamenta la mancanza di risvolti che possano fungere da hook per attirare maggiormente l’attenzione dello spettatore. Durante la visione si ha sempre l’impressione di guardare un film minore di Carpenter, in cui tutti gli elementi siano come sbiaditi dalla loro potenza originale.
La stessa musica a cura di Matthew Olivo, eccelsa, altro non è che un irritante desiderio di emulare i migliori anni ’70 e ’80. Una synthwave che più che rapportarsi alle influenze carpenteriane, balza proprio indietro fino agli anni ’80 per usarne le stesse identiche sonorità reimpastate poi in motivi pressoché clonati.
Parasites non è un brutto film, anzi, ma come spiegato soffre dell’inevitabile paragone con le pellicole a cui si ispira. Le promesse iniziali portano lo spettatore in uno stato di aspettativa tale da pretendere la regia e le storie di John Carpenter. Nè più, nè meno. Chad Ferrin però non riesce a caratterizzare i suoi personaggi come avremmo voluto. Seppur siano presenti characters interessanti, questi non hanno goduto di un background all’altezza. La violenza che dovrebbe rappresentare le fondamenta dell’opera, non è mai esplicitata e nemmeno è percettibile come impalpabile costante nefasta come ad esempio è in The Warriors.
A Chad Ferrin va comunque riconosciuto il merito di aver surclassato opere moderne come quelle del franchise The Purge, alle quali Parasites, per tipologia tematica, può accostarsi facilmente.
Il finale del film riesce comunque a riottenere l’attenzione e la fiducia del pubblico grazie a una svolta “cattiva” e originale. Dopo la visione, lo spettatore viene letteralmente assalito da piacevoli sensazioni, date soprattutto dall’atmosfera di Parasites in cui l’abbandono, il degrado e la sporcizia fanno da sfondo a una storia in cui gli ambienti sono lo specchio della fredda collettività, ormai disumanizzata.
Nel cast: Robert Miano, Burt Culver, Eddie Kehler, Wolfie Trausch, Jeffrey Decker, Carson Nicely, Rich Lee, Tim Halpin, Art Roberts, Suzanne Sumner Ferry e Robert Rhine. A questi si aggiunge anche Joseph Pilato, l’attore che ha interpretato Rhodes ne Il giorno degli zombi di Romero e che nel film di Charrin è il barbone Wilde, uno dei personaggi più riusciti di Parasites.