Rivolgiamo qualche domanda a Sebastiano Tuccitto, autore di “Ore 23:00 – C’è qualcosa nel buio…“, antologia di racconti horror con prefazione di Andrea Cavaletto, sceneggiatore, fumettista e graphic designer italiano, noto al pubblico per la sua collaborazione con Sergio Bonelli Editore come sceneggiatore di Dylan Dog e Martin Mystère.
“Ore 23.00 – C’è qualcosa nel buio…” è composta, come suggerisce il titolo, da 11 racconti che hanno come filo conduttore la paura generata da mostri.
Lo scrittore, qui al suo esordio letterario, ci immerge infatti in un contesto dove la minaccia nasce nella realtà, nella fantasia o nel sogno scatenando una serie di immagini crudeli e azioni efferate che stravolgono all’improvviso la vita dei numerosi personaggi che popolano questa antologia.
Nei racconti di Tuccitto prendono vita fantasmi, creature procreatici di insetti, streghe, morti viventi, lupi mannari, infetti, amici immaginari, condannati a morte che trascinano i personaggi e il lettore in una violenta e sanguinaria dimensione in bilico tra sogno, realtà e immaginazione.
Dalle pagine di questa antologia letteraria scaturisce un orrore genuino, tipico degli anni ’80. La lettura infatti evoca ricordi cinematografici ottantiani (Creepshow su tutti) facendo anche trasparire la grande passione che l’autore ha per il cinema e la letteratura horror.
“Ore 23.00 – C’è qualcosa nel buio…” è sicuramente una chicca imperdibile per gli appassionati dell’horror.
Nella nostra intervista, Sebastiano Tuccitto ci parla della sua antologia di racconti, delle sue influenze e dei suoi progetti futuri.
“La faccia era mostruosa,
piena di fori da dove uscivano ed entravano colonie di insetti…
La pelle era di colore grigio a chiazze verdi,
blatte e scarafaggi vi erano attaccati come parassiti.”
FUORI PIOVE – “Ore 23.00 – C’è qualcosa nel buio…“
DV: Ciao Sebastiano, parlaci un po’ di te.
ST: Siciliano di nascita e nel sangue, ho 39 anni, 40 ad agosto di quest’anno, e vivo a Roma con mia moglie Grazia Maria, insegnante, e mia figlia Chiara, 4 anni.
Ingegnere elettronico, lavoro nel campo della sicurezza informatica come Project Manager.
Sono appassionato di matematica, robotica, elettronica e informatica e, non si direbbe, alla mia indole scientifica associo anche un forte animo artistico, musicale. Sono infatti diplomato in clarinetto e, negli anni, come clarinettista e sassofonista ho girovagato per mezza Europa. Ho collaborato con Roy Paci, Vinicio Capossela, Macaco, e qua e là con varie formazioni musicali più o meno conosciute.
Per ultimo, ma non meno importante, sono un vostro grande Fan!!!
DV: Felici di avere un fan come te! Com’è nata la tua passione per la scrittura e cosa ti ha spinto a scrivere “Ore 23.00 C’è qualcosa nel buio…”, la tua prima antologia horror?
ST: Leggo molto e guardo film come se non ci fosse un domani. Ho sempre avuto in testa il pallino di cimentarmi con la scrittura ma è sempre rimasta un’idea incompiuta.
L’anno scorso, durante una trasferta lavorativa durata 6 mesi per la quale mi spostavo da Roma a Fabriano per 3 giorni a settimana, ho avuto l’occasione di rimanere “single” senza moglie e figlia e avere quindi un po’ più di tempo a disposizione. Tornavo in hotel la sera dopo cena e chissà, l’inverno, la pioggia e la neve, il freddo, la particolarità del borgo medievale di Fabriano, mi avranno ispirato di sicuro!
Nei racconti c’è tanto della mia vita vissuta negli ultimi mesi. Viaggi in treno, colloqui di lavoro, cene al pub tra fiumi di birra. Insomma, ci sono dentro io.
DV: La prefazione di “Ore 23.00 C’è qualcosa nel buio…” è a cura di Andrea Cavaletto. Com’è nata la collaborazione con il noto sceneggiatore e fumettista italiano?
ST: Sono un appassionato di fumetti, fan di Dylan Dog da quasi 30 anni. Conoscevo Andrea come sceneggiatore di alcune storie e mi aveva tanto colpito il suo modo di scrivere per l’Indagatore dell’incubo. Durante la trasferta lavorativa di cui ti parlavo prima, una sera, seduto a bere birra in un pub, ho deciso di scrivergli un messaggio via messenger per proporgli di leggere i pochi racconti che ancora stavo scrivendo e darmi un parere.
Da quella sera, la nostra comunicazione “epistolare” è sempre stata più intensa. Ho scoperto tutti i suoi lavori, all’infuori di Dylan Dog, sia per il cinema e sia per i fumetti, e mi sono molto avvicinato al cinema horror estremo indipendente.
Nei giorni a seguire, mi ha riempito continuamente di consigli, sia per la scrittura, sia per la visione di nuovi film e la lettura di nuovi fumetti.
Ho continuato e finito di scrivere l’antologia anche grazie a lui, mi ha spronato e spinto di continuo. E poi devo dire che è stato tra i pochi, se non l’unico, a essere sempre disponibile.
Lo è stato all’inizio e lo è tutt’ora. Non finirò mai di ringraziarlo!!!
DV: Parlaci della tua antologia di racconti. Perché hai scelto il genere horror e chi è il lettore a cui lo consiglieresti?
ST: “Ore 23.00 – C’è qualcosa nel buio…” è composta da 11 racconti, numero che si riferisce a quello dell’ora presente nel titolo (23.00)
Nella prima parte rispolvero le figure classiche del genere horror (zombie, bambole, lupi mannari, case stregate, clown). La seconda parte sonda terreni disturbanti e vira sull’estremo, concentrandosi su tematiche forti e brutali.
Innanzitutto c’è da dire che sono un drogato di cinema e letteratura in generale, prediligendo l’horror e la fantascienza. La mia è una vera e propria ossessione per il sangue, i mostri e il terrore. Mio padre mi ha trasmesso questa passione. Con lui, a sette anni, ho visto il mio primo film horror, “La mosca” di Cronenberg. I film di Dario Argento, John Carpenter, Wes Craven e i romanzi di Stephen King e Clive Barker hanno poi segnato la mia vita.
Consiglierei il mio romanzo a chiunque ami leggere, non solo storie dell’orrore. Poi certo, se a quella persona piace sperimentare il piacere di avere paura, molto meglio!!!
DV: “Ore 23.00 C’è qualcosa nel buio…” trasmette la tua passione per il cinema horror, soprattutto ottantiano. Se dovessi paragonare la tua opera ad un film la paragonerei a Creepshow, ad un nuovo sequel del celebre film a episodi. È stata solo suggestione oppure l’atmosfera che ricorda il film sopracitato è stata voluta?
ST: Era l’obiettivo. Il fatto che i racconti hanno riportato te e altri lettori indietro nel tempo, sul finire degli anni ’80, vuol dire che sono riuscito a ricreare quelle atmosfere vintage e raccapriccianti e ciò mi rende orgoglioso.
Chissà che l’antologia non possa diventare veramente un sequel di Creepshow!
DV: Gli undici racconti che compongono l’antologia sono ricchi di personaggi che vanno incontro ad una morte atroce. “Fuori piove” ricorda un episodio di Creepshow, “Un panino al pub” fa tornare alla mente Il ristorante all’angolo mentre ne “Il colloquio” si scorgono influenze del cinema di David Cronenberg. Quanto ha influito il cinema e anche la letteratura di genere horror in questo tuo primo libro?
ST: Ha influito tanto. Come ti dicevo prima, i film di Dario Argento, John Carpenter, Wes Craven e i romanzi di Stephen King e Clive Barker hanno segnato la mia vita.
Inoltre, da Cronenberg a Romero per il cinema, da Garth Ennis a Tiziano Sclavi per il fumetto, da Clive Barker a Charlee Jacob per la letteratura, sono sempre stato affascinato dal terrore dell’uomo di fronte alla mutazione del corpo, all’infezione e contaminazione della carne, dall’estremo, dalla violenza, dalle ossessioni, il tutto intrecciando l’elemento psicologico con quello fisico.
DV: Le influenze cinematografiche e letterarie infatti si percepiscono tantissimo. Hai mai avuto momenti di difficoltà durante la stesura dei racconti? Quale fra questi è il tuo preferito?
ST: Sembrerà strano, ma non ho avuto difficoltà. Più scrivevo, più le storie mi si formavano nitide, senza ombre, in testa.
Credo proprio di aver raggiunto un buon risultato.
Il mio preferito è “Il colloquio” perché è il racconto che di più mette insieme la mia esperienza di vita, avendo fatto negli anni tanti colloqui di lavoro, con la mia passione per l’horror più estremo, essendo nel finale molto violento.
DV: I racconti presenti nella tua antologia sono popolati da figure tipiche della letteratura e del cinema horror: fantasmi, lupi mannari, zombie, streghe, cannibali, clown assassini. Molti hanno come base il sogno, l’incubo e il disturbo del sonno. Parlaci del legame tra il mondo onirico e quello horror presente nella tua antologia letteraria.
ST: Non mi paragonerei mai, ad esempio, a maestri indiscussi come David Lynch, ma nei miei racconti in cui è presente questo legame ho voluto fare in modo di confondere il sogno con la realtà, creando confusione e disagio nei lettori, vedi i racconti “Ridi pagliaccio”, “Fuori piove” e “I vicini di casa”.
Quello che ho voluto trasmettere è che il male cambia volto, ma non muore mai e che l’orrore esiste in molteplici forme ed è sempre intorno a noi.
DV: È proprio così. I tuoi racconti propongono 11 sfaccettature del male e secondo me la tua ricca fantasia potrebbe trovarne molte altre.
Quali sono le tue influenze letterarie e cinematografiche?
ST: Dal punto di vista letterario senza ombra di dubbio King e Barker per l’horror, Isaac Asimov e Philip K. Dick per il genere fantascientifico… Ah sì, mi pare di averti detto che l’altro genere che amo è la fantascienza nelle sue molteplici sfaccettature.
Per il cinema sono tanti: Raimi, Cronenberg, Carpenter, Craven, Lynch, Ridley Scott, James Cameron e, tanti altri…
DV: Quali sono i tuoi progetti futuri? C’è una nuova antologia o un romanzo in cantiere?
ST: I miei progetti sono tanti. Tanti in testa soprattutto, ahahahah! Vedremo se mai vedranno luce. Tra il lavoro e la famiglia trovare il tempo è sempre più difficile.
Posso però dirti che voglio continuare a scrivere storie di paura in tutte le varie salse e che sto lavorando a un nuovo libro, un romanzo molto estremo.
Inoltre il 2021 vedrà alla luce una trasposizione a fumetti di alcuni dei racconti dell’antologia “Ore 23.00 C’è qualcosa nel buio…” che sarà pubblicata all’estero.
“Ore 23:00 – C’è qualcosa nel buio” è disponibile in formato digitale sul sito ufficiale di IVVI Editore e in edizione cartacea in tutte le librerie.