Intervista a Dave Jackson, il regista di Cat Sick Blues (2015), l’amato horror estremo che mischia l’amore per gli animali con l’orrore. Nell’intervista sono presenti anche alcune domande sul protagonista Ted (interpretato da Matthew C. Vaughan), lo psicopatico travestito da gatto, armato di artigli e fallo uncinato.
CAT SICK BLUES: come nasce l’idea di un film così rivoluzionario per il suo genere?
D. J.: Non lo chiamerei rivoluzionario, neanche un po’… haha! La semplice idea iniziale di un killer vestito da gatto è arrivata da diverse fonti. È iniziata con la visione de “La Vampire Nue” di Jean Rollin. All’inizio c’è questa scena incredibilmente inquietante in cui alcune persone indossavano maschere da animale. Mi ha davvero impressionato.
Nello stesso periodo, vidi un film intitolato Strays (un horror sui gatti randagi) e riguardai Inferno di Argento. Strays e la scena in Inferno in cui Daria Nicolodi viene aggredita dai gatti, mi hanno portato a riflettere su questi animali all’interno dei film horror, a quanto sia difficile renderli terrificanti.
Suppongo che l’idea e l’immagine delle maschere nel film di Rolling vadano a sfociare in un concetto. Con la storia… la pellicola è (ovviamente) ispirata al dolore per la perdita degli animali. Nel film abbiamo giocato con questa cosa. Ho avuto molti animali domestici nella mia vita e la loro morte è stata davvero traumatica. Prendere questi sentimenti e trasporli nel genere horror mi sembrava un’idea follemente malata ed eccitante. Andrew Gallacher, il co-sceneggiatore del film, ha preso la mia idea base e l’ha trasformata in qualcosa di veramente accattivante. Molti degli aspetti più chiacchierati di Cat Sick Blues infatti (il dildo felino, l’humor nero, il materiale sui gatti on line) sono stati una sua idea.
Quanti attori hanno svolto un provino per il ruolo di Ted o cosa ti ha portato a scegliere Matthew C. Vaughan?
D. J.: In realtà, non abbiamo fatto i provini per la parte di Ted.
Avevo trovato un ragazzo che dapprima era veramente interessato al ruolo ma quando lesse il copione rimase disgustato e non volle più far parte del cast.
In quel momento, Matt era un produttore del film, non un attore. Stavamo parlando a proposito del ruolo di Ted e lui disse qualcosa come “Tu avresti bisogno di un tipo impacciato di natura, maldestro e strano… qualcuno come me”. Lì ho capito che la parte doveva essere assolutamente sua. Matt non è un attore ma era perfetto per interpretare Ted. È un personaggio difficile da rendere, è ripugnante e crudele ma il film necessita di lui per essere congeniale. Penso che Matt abbia un fascino naturale e un’abilità unica per aver generato la compassione che proviamo nel film. Sono molto orgoglioso di lui e di come ha arricchito il suo ruolo. Il film non esisterebbe senza di lui.
L’influenza di alcuni dei più grandi registi horror di fama mondiale in Cat Sick Blues si vede tutta, ma ti chiedo, hai una fonte di ispirazione che spicca sulle altre?
D. J.: Hmmmm. È difficile dirlo, perché gran parte delle mie influenze arrivano dall’inconscio. In termini di tono, l’influenza più grande arriva da Gozu di Takashi Miike. Il modo in cui Miike costruisce un film che sia contemporaneamente terrificante e divertente mi ha destabilizzato e subito il mio desiderio è stato quello di creare qualcosa che evocasse un contrasto simile.
Domanda scomoda: pirateria, quanti danni fa al cinema indipendente?
D. J.: Onestamente, non ho mai guadagnato niente da quello che ho fatto e non penso che la pirateria faccia la differenza. Sono più infastidito dal fatto che la versione pirata di Cat Sick Blues che gira online sia sbagliata (si tratta del montaggio non originale più lungo che di solito si trova sui siti pirata). Inoltre DETESTO quando la gente carica il film su YouTube perché il filmato viene manipolato per aggirare il copyright e il risultato finale è terribile. Per favore, non guardate il mio film su YouTube. Se non avete intenzione di acquistare il DVD o il Blu-ray, scaricate almeno una buona versione! Haha.
Gacha Gacha: raccontaci tutto quello che puoi sulla tua ultima fatica e sul dove trovarla per noi poveri e bistrattati spettatori Italiani!
D. J.: Gacha Gacha è stato il primo cortometraggio da quando mi sono trasferito ad Osaka. È in lingua giapponese e il cast stesso è giapponese. Parla di due donne ossessionate dalla collezione di queste cose chiamate “Gachapon” (si tratta di quei giocattoli chiusi in una capsula che vai a comprare alle macchinette). Ci sono animazione in stop-frame e un tanuki con testicoli giganti.
È stato completato da poco e attualmente è in giro per i festival in cerca di distribuzione.
Al momento solo i supporter di Kickstarter hanno visto il film. Potete seguirci su Phantasmes Video per le date di proiezione! Mentre questo è il trailer:
Da tuo fan numero uno, ti chiedo, tornerai presto alla regia di un lungometraggio?
D. J.: Mi piacerebbe molto ma è difficile. Vorrei girare un altro lungometraggio quando andrò a vivere in Giappone. Sto scrivendo un soggetto ora e mi entusiasma davvero ma è triste dire che non so se potrò permettermi di realizzarlo.
L’Australia è una terra che negli ultimi sta sfornando delle vere e proprie perle per quanto riguarda il cinema indipendente. Sembra, in generale, che lì abbiate un’idea molto più aperta riguardo ad un certo tipo di produzione, mentre in Paesi diversi (Italia compresa) si fa sempre più fatica. È giusto dire che il pubblico australiano sia più ricettivo alle novità?
D. J.: Direi che è vero l’esatto contrario. L’industria cinematografica australiana è piccola e principalmente focalizzata su piccoli drammi da cucina. È raro ottenere un buon film di genere. Detto questo, recentemente ci sono stati alcuni film decenti. Hounds of Love è stato fantastico.
Quali sono i registi australiani che ci consiglieresti di tenere d’occhio?
D. J.: Beh, direi di tener d’occhio Ben Young, il regista di Hounds of Love e raccomando anche Stuart Simpson che ha creato un piccolo grande film intitolato Chocolate Strawberry Vanilla.
La violenza che c’è in CSB e la ricchezza di generi in cui viene espressa (dal torture porn, allo snuff, al gore, allo splatter se non anche al thriller) però non deve sorprenderci se tornando indietro di qualche anno pensiamo al tuo primo lungometraggio “Cannibal Suburbia”! C’è un messaggio di critica verso la nostra società e il sistema che viene veicolato da questa violenza? O semplicemente ti diverti cosi?
D. J.: Una specie (di divertimento). Volevo rendere alcune scene di morte davvero gloriose, esagerate e melodrammatiche (come la sequenza dell’omicidio dell’ostello), quindi seguirle con sequenze davvero orribili (la scena della morte di Sylvia) per far sentire le persone colpevoli di godersi la violenza. Non sto cercando di dimostrare qualcosa o dire altro, sono solo un po’ sfacciato.
Noi italiani siamo spesso esterofili e spesso pecchiamo di ignoranza su autori e film che hanno fatto la storia del cinema e che erano proprio italiani. Tra i vari artisti che il nostro Bel Paese ha prodotto (Argento, Bava, Fulci, Lenzi, Deodato…) ce n’è qualcuno che apprezzi particolarmente?
D. J.: Si, sono cresciuto guardando gli horror italiani e AMO tutti i registi che hai menzionato… ma Lucio Fulci è decisamente il mio preferito. Era così brillante ed era spesso sminuito rispetto ad Argento, ingiustamente. Sono un grande fan anche di Argento ma, onestamente, penso che Fulci abbia creato un giallo migliore con Non si sevizia un paperino di qualsiasi altro realizzato da Argento.
Adoro il modo in cui Fulci saltava da un genere all’altro, proponendo western fuori di testa (I quattro dell’Apocalisse è grandioso), incubi fantasy malati (Conquest!), film sui gangster (Luca il contrabbandiere è magistrale) e commediole (All’onorevole piacciono le donne è davvero divertente). Non importa in quale genere tu sia immerso, puoi chiaramente riconoscere che si tratta di un film di Fulci. Era un uomo totalmente fuori di testa e non ci sarà mai un altro regista come lui. È difficile dire quale sia il mio film preferito ma Non si sevizia un paperino, L’ Aldilà, Beatrice Cenci, Lo squartatore di New York e Sette note in nero sono pellicole perfette.
La scelta di Vaughan come attore protagonista è stata geniale perché la sua interpretazione regge l’intera storia, tra gli attori professionisti della scena mondiale, c’è qualcuno con cui ti piacerebbe lavorare?
D. J.: Mi piacerebbe tantissimo fare il remake di Cat Sick Blues con Tilda Swinton nel ruolo principale. Davvero. È grandiosa!
Esiste un film che guardandolo hai pensato ti sarebbe piaciuto girare tu?
D. J.: Credo di non averlo mai pensato. Ma spesso guardo film e desidero avere la stessa abilità e il controllo del regista. Ad esempio, amo le pellicole di Joe Swanberg e vorrei poter fare film nello stesso modo sottile e scorrevole che utilizza lui. Semplicemente non son fatto per fare qualcosa di così tranquillo.
Domanda libera: saluta qualcuno, fatti una domanda e datti una risposta, promuovi qualcuno o qualcosa o mandaci a quel paese!
D. J.: Andrew Gallacher, co-scrittore di Cat Sick, di recente ha scritto un libro. Date un’occhiata!
Celluloid Nightmares -Extreme, Horror And Much More
Traduzione Giulia Sganna Massetto
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