DarkVeins intervista Christian Sartirana, giovane scrittore italiano, autore di Una collezione di cattiverie per Edizioni Il Foglio, un’interessante antologia composta da ben dodici storie che spaziano dalla vecchia fantascienza alla crudeltà della vita, seguendo un percorso narrativo che vede nel genere horror la sua matrice. Conosciamo meglio l’autore che ci parlerà del suo libro e dei suoi progetti futuri senza dimenticare di lasciarci testimonianza delle sue preferenze soprattutto in ambito letterario.
L: Ciao Christian, parlaci brevemente di te.
C: Beh, mi chiamo Christian Sartirana e ho 30 anni. Sono nato a Casale Monferrato, una piccola cittadina nella provincia di Alessandria, che ho lasciato intorno ai sei anni, dopo il divorzio dei miei genitori, per andare a vivere a Caltanissetta, in Sicilia. A 18 anni compiuti ho abbandonato il tetto familiare, la scuola che non ho mai finito, e insieme a un mio amico sono tornato a Casale Monferrato dove adesso vivo con la mia compagna, il nostro cane ed il nostro gatto. Lavoro con la mia compagna, Francesca, nel nostro piccolo laboratorio di legatoria e restauro di libri. In più commercio anche libri antichi e da collezione. Mi piace la letteratura, in particolare le storie del terrore, gli animali, la musica e la pittura. Scrivo, suono la chitarra e disegno a tempo perso.
L: Sei uno scrittore. Quando nasce in te la passione per la letteratura e per la scrittura?
C: Mi sono innamorato della scrittura intorno ai dieci anni, quando ho visto per la prima volta una macchina da scrivere. A quell’età adoravo i ragni. Battevo ricerche a macchina su questi animaletti copiandole dalle enciclopedie. Vedere le pile di fogli battuti mi affascinava. Mi sono avvicinato alle storie intorno ai dodici anni. Ho scritto una storia sulle pagine di una vecchia agenda su un tale che massacrava una famiglia con la motosega (non avevo ancora visto “Non aprite quella porta”). Poi ho riprovato con un romanzetto che non ha mai superato le cinque pagine. Il tutto dopo aver letto “Carrie” di Stephen King e un Piccoli brividi dal titolo “Al mostro! Al mostro!”. Non ho completato una storia sino ai 19 anni.
Da allora ho continuato a scrivere ininterrottamente (in modo ossessivo direi). Ho creato insieme ad altri amici una rivista d’arte e di letteratura che ho abbandonato circa un anno fa. Nel 2013 sono riuscito a pubblicare (finalmente) il mio primo racconto su una rivista professionale: Le Croste sulla rivista Quasar edita da Edizioni della Vigna. Subito dopo ho firmato il contratto con il Foglio editore per la mia antologia Una collezione di cattiverie.
L: Come fai a coniugare il tuo lavoro nell’officina di pneumatici con la tua passione letteraria?
C: Beh, adesso non è più un problema dato che ho mollato quell’impiego. Ho lavorato in officina (era un lavoro che facevo già a 11 anni in Sicilia) giusto per pagarmi delle spese “arretrate”. Poi ho ripreso la mia vecchia passione: i libri antichi. Oggi campo di quello, anche se a fatica. Ma mi piace.
L: Una collezione di cattiverie (Edizioni Il Foglio) è il titolo della tua antologia composta da 12 storie. Tra l’altro è anche la tua prima pubblicazione. Puoi parlarcene?
C: Una collezione di cattiverie è una raccolta che racchiude quelli che io reputo i miei migliori lavori da quando ho cominciato a scrivere. La gran parte risalgono agli ultimi tre anni, altri invece sono più vecchi. E’ un tentativo di scrivere horror in modo differente, più sottile, più ampio, senza lasciarsi soffocare dai limiti del genere e da tutti i suoi cliché. E’ un’antologia di storie dell’orrore eppure penso possa essere apprezzata anche da persone che non leggono il genere. O almeno è quello che mi auguro. La “paura” non ha una nazionalità letteraria.
Credo che l’arte dell’orrore sia un mezzo attraverso il quale indagare sui nostri traumi come singoli e come società. Descriverli, trasformarli dando loro una forma creativa ci aiuta a capirli e a riconoscerli. Non tutti la pensano così. Per molti le storie sono solo intrattenimento. Tuttavia sono dell’idea che il piacere dell’orrore non possa esistere se non collegato ad un qualche trauma personale. Ci sembra di avere una scelta, ma in realtà penso che nessuno ce l’abbia davvero. La nostra percezione delle cose è frutto delle nostre esperienze e lo stesso vale per i nostri gusti.
L: In Una collezione di cattiverie affronti spesso, seppur velatamente, orrori reali come ad esempio il cancro in Istinto materno, la cecità ne Gli occhi della vecchia, o ancora abbozzi alle demenze senili in Fantasmi. Perché hai deciso di unire la malattia al mondo astratto del sovrannaturale?
C: Il cancro di Istinto Materno non è altro che un supporto sul quale appoggiare il concetto di male. Il racconto in effetti vuole essere una metafora sui processi che possono indurci ad innamorarci di ciò che ci uccide, che ci fa del male nella società e nella vita di tutti i giorni. Nel racconto Emma non può sconfiggere la paura della malattia, se non amandola. Amando il male, la paura scompare, perché perde di senso… Ovviamente questo ha un grosso prezzo.
In Fantasmi mi sforzo di creare una versione fantascientifica del fantasma (più plausibile delle solite). La demenza della madre della protagonista rappresenta il rifiuto di una realtà in cui la gente muore alla sera per risvegliarsi al mattino.
Gli occhi della vecchia, invece, voleva essere semplicemente una storia di streghe, senza particolari direzioni di significato. Ho scelto la cecità perché avevo un’amica che durante il servizio civile volontario, andava a casa di un anziano con problemi agli occhi a leggergli dei libri. Pensavo fosse un buono spunto per una storia e così…
L: Il tuo racconto Una collezione di cattiverie dà il titolo all’intera raccolta. Perché hai scelto proprio questo scritto?
C: Perché è il mio racconto preferito. Una storia di streghe ben riuscita, con un finale che mi soddisfa. Mi è piaciuto immaginarlo, mi è piaciuto scriverlo. Mi piace il titolo! Mi sembra di aver dato una forma realistica/plausibile alla figura della strega e ai suoi poteri. Il potere del Male, quello vero, che contamina e che più di ogni altra cosa reale si avvicina al concetto di “magia”. O almeno me lo auguro.
L: Il racconto Una sfortuna dell’altro mondo ricorda vagamente Il gatto nero. Ti sei ispirato al racconto di Edgar Allan Poe per narrare la storia del gatto Chesterton?
C: No, anzi (forse adesso qualcuno si offenderà) quel racconto di Poe non ricordo neanche di averlo letto. Com’era? Ho visto il film di Fulci, però… Inquietante! Una sfortuna dell’altro mondo nasce da una mio vecchissimo desiderio di misurarmi con il tema del gatto nero. Adoro tentare di rivoluzionare i classici. Quella che è venuta fuori è una storia che incrocia i rapimenti alieni con le dicerie sui gatti neri. Le superstizioni su questi meravigliosi animali sono vecchie come il mondo, così come alcuni reputano altrettanto vecchia l’influenza degli alieni sull’umanità. Allora mi sono chiesto: e se i gatti neri avessero questa fama di portatori di disgrazia perché anticamente (e giustamente) connessi a incontri con esseri extraterrestri? Forse la famosa storia del gatto nero che ti taglia la strada portando disgrazie, alla fine, non è che la cronaca distorta di una serie di antichissimi rapimenti alieni… Gli egizi poi hanno una bella etichetta di complici degli alieni e veneravano i gatti… Insomma di spunti ce ne sono, no? Forse, però, questo concetto l’ho lasciato troppo sullo sfondo… E’ una mia pecca. Mi fido troppo del potere delle allusioni.
L: Ne I Guardiani affronti il tema delle evil dolls dal punto di vista del bambino. Puoi dirci come nasce quest’opera?
C: Ogni volta che mi accingo a scrivere una storia, penso al soggetto (un vampiro, un fantasma, un lupo mannaro, quello che è) e mi chiedo: perché dovrebbe esistere, come potrebbe? In questa storia la domanda era: perché dei giocattoli dovrebbero prendere vita? Allora ho creato questo rapporto malato tra una madre e suo figlio e ho posto i giocattoli e il loro significato (l’infanzia) in mezzo, in maniera tale che potessero trasformarsi colpiti da questo influsso. E’ comunque una storia che vuole mostrare il modo in cui le attenzioni malate di una madre possono distorcere la percezione di un bambino. E quando la mente di un bambino vede male, può accadere qualunque cosa…
L: Qual è il racconto tra la tua “collezione di Cattiverie” per cui nutri maggiore affezione?
C: La porta nel quadro. E’ un racconto sul quale ho puntato molto, ambizioso nei suoi contenuti. Ho cercato di spiegare la dannazione nell’arte, che per me altro non è che la ricerca della verità.
L: Com’é nata la copertina a cura di Francesca Zanotto?
C: Francesca è la mia compagna. Le ho chiesto di disegnarmi la copertina e lei si è inventata questa bellissima immagine. Se guardi ognuno degli oggetti contenuti nella valigia corrisponde ad una storia. Ci sono tutte.
L: Ci avevo già fatto caso :). Stai lavorando ad un’altra opera letteraria attualmente? Se sì, puoi accennarci qualcosa?
C: Lavoro un po’ a tutto e a niente. Non è un gran periodo. Scrivo una valanga di pagine e poi le butto via. Poi ricomincio su un’altra idea e vado avanti così, finché non viene fuori qualcosa. Al momento non è ancora venuto fuori nulla di cui possa sentirmi soddisfatto. Ma conto sul fatto che prima o poi uscirà di nuovo. Del resto non è la prima volta che mi succede. Sto provando a scrivere un romanzo sempre ambientato a Casale Monferrato (come la gran parte delle mie storie). Speriamo in bene…
L: L’anno scorso sei stato uno dei partecipanti de L’Anticristo. Quali sono state le tue impressioni sul concorso letterario indetto da DarkVeins?
C: Interessante! Scrivere un racconto di 666 battute è una bella sfida. Peccato che non mi sia qualificato. Però l’idea del racconto mi sembra buona. Penso la svilupperò ulteriormente. Se non fosse per il concorso non l’avrei scritta. Quindi vi ringrazio!
L: Grazie a te per aver partecipato! Quali sono le tue influenze letterarie? Quali sono i tuoi scrittori preferiti e i libri horror che non ti stancherai mai di leggere?
C: Adoro il racconto horror classico, la fantascienza alla Ballard e Bradbury e le atmosfere evanescenti alla Kafka. Quando scrivo cerco di mischiare tutti questi generi. Come tutti i comuni mortali ho cominciato con Stephen King, che reputo molto valido nei racconti. Amo profondamente Howard Philips Lovecraft, che ha fatto molto per elevare culturalmente questo snobbato (oggi sputtanato) genere letterario. Mi piace molto anche Ramsey Campbell, per la sua capacità di terrorizzare. M.R. James per la sua eleganza. Poi Arthur Conan Doyle, Dino Buzzati, Richard Wright, Elias Canetti, Ambrose Bierce, Benson, e ancora un’infinità di nomi.
Non mi stancherò mai di leggere I Racconti di H.P. Lovecraft, l’antologia “Colui che apre la via” di Robert Bloch e “A volte ritornano” di Stephen King. E ovviamente i racconti di Ramsey Campbell, sia i suoi “suoi” che quelli lovecraftiani. Campbell è un vero prestigiatore del terrore.
L: Consiglia tre romanzi di genere a un appassionato di letteratura horror.
C: “Il caso Charles Dexter Ward” di H.P.Lovecraft, “Antiche Immagini” di Ramsey Campbell e “Corridoi di Sangue” di Chet Williamson.
L: Che rapporto hai con il cinema horror? Se ti chiedessi di citare tre titoli di film quali sarebbero i primi che ti vengono in mente?
C: Una volta ero molto più legato, oggi preferisco leggere. Amo i film che guardavo da ragazzino e li guardo e li riguardo solo per rievocare quelle sensazioni e quel periodo. Da bambino erano anche più belli. Guardandoli misuravi il tuo coraggio e sfidavi le tue paure.
I primi tre che mi vengono in mente sono:
LA CASA NERA di Wes Craven
SOCIETY Brian Yuzna (davvero pesante)
LA COSA di John Carpenter
L: Quali sono i tuoi progetti futuri?
C: Sono in attesa dell’uscita di due volumi di autori vari con due mie storie inedite. Ho scritto la sceneggiatura di una graphic novel che attende di essere disegnata da un mio complice segreto. Poi spero di mettere in cantiere qualche nuovo lavoro. Se ci riesco :). Spero proprio di sì. Mi manca scrivere qualcosa di soddisfacente, che mi faccia entusiasmare.
L: Una tua opinione su questa intervista?
C: Divertente. E’ la prima volta e mi ha fatto molto piacere.
L: Lascia un saluto alla community di DarkVeins e anche a tutti coloro che leggeranno questa intervista!
C: Un saluto a tutti voi amanti delle cose nascoste. Spero abbiate trovato interessante questa chiacchierata. Abbastanza da indurvi a provare la mia “collezione di cattiverie”. A presto e grazie per l’attenzione!
L: Grazie Christian!