Nel cinema underground italiano degli anni ’80 e ’90 è impossibile non notare il nome di Maurizio Quarta, effettista e regista italiano, che ci ha concesso un’intervista imperdibile dedicata a chi vuole fare chiarezza sulla sua filmografia. Maurizio Quarta ci parla della sua collaborazione in ambito cinematografico con Christian Arioli e Roger Fratter, ma soprattutto ci rivela gli interessanti dietro le quinte delle sue opere.
L: Ciao Maurizio, come ti descriveresti?
M: Un nostalgico sognatore ma contemporaneamente realista e con la testa sulle spalle, ma per maggiori informazioni faresti prima a consultare il mio segno zodiacale (sono nato il 1 di novembre), lì troverai descritto esattamente come sono… e te lo garantisco… senza mezze misure.
L: Sei un effettista ma anche regista di cinema horror underground. Com’è nata la passione per questo mondo e quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano in entrambi i settori?
M: Mangiando pane e cinema horror dall’età di 5/6 anni. Era il Nov. 1969 e ricordo ancora oggi, da bambino, l’esordio con il primo film pauroso, visto sulla rai dopo lo sbarco sulla luna “Il pianeta proibito”, non un horror ma sufficiente per terrorizzarmi quanto basta. Da lì tutta un escalation fino al 1980 dove cominciai a fantasticare su come realizzare personalmente degli effetti speciali che tanto mi appassionavano nei film che vedevo ormai a profusione (al cinema e in tv ovviamente… la vhs in quell’anno era ancora fantascienza).
Un giorno per caso mi trovai a rifrequentare due amici dai tempi della scuola e uno di loro mi fece vedere dei filmini realizzati in super 8, cortometraggi realizzati amatorialmente ma concepiti come piccoli film con tanto di storia, attori, musiche e doppiaggio. Fu la folgorazione. Nel novembre 1981 acquistai una cinepresa super8 e proiettore sonoro ed esattamente un anno dopo partirono le riprese de La Casa dove finalmente potei realizzare i primi rozzi trucchi splatter e contemporaneamente concepire una storia in cui potevo interpretare la parte del “mostro o dell’assassino” che era la figura che mi piaceva di più in assoluto in tanti film che avevo visto. E’ così che partì la mia avventura nel cinema indipendente.
Per quanto riguarda la difficoltà settoriale in entrambi i casi ti ricordo che siamo in Italia e ciò che in epoca passata era oro oggi sembra sia diventato tutto piombo, il cinema del passato rimane tale e quindi oggi non se lo fila più nessuno e non parlo di chi lo guarda ma di chi lo produce. Purtroppo l’horror di oggi, confezionato da coraggiosi cineasti indipendenti, non ha l’impatto e la forza visiva dei prodotti di un tempo e pertanto non riesce a far presa sui produttori e distributori che contano.
L: Come definiresti il tuo modo di fare cinema?
M: Simbiotico, questo perché molto ispirato al cinema anni 70/80 da cui traggo le idee per i miei prodotti. Di fatto musiche e doppiaggi li recupero proprio dai film di quell’epoca e alcuni dei miei lavori sono palesemente omaggi a film di culto di quel periodo.
L: Qual è il primo lavoro cinematografico a cui ti sei dedicato e quali sono i tuoi ricordi in merito?
M: La Casa (The House). Ricordi? Tra i tanti l’emozione di realizzare il primo lavoro cinematografico, l’affinità con gli amici con cui l’ho realizzato (Pietro Signorelli e Dino Iula, coetanei dai tempi della scuola e Riva Rosy mia cugina) ma soprattutto lei, unica vera protagonista del film… la casa (la mia) dove ho trascorso la mia adolescenza fatta di tantissimi cambiamenti e quindi i momenti più intensi dove i grandi ricordi non lasciano spazio all’immaginazione.
L: Quando scendi in campo anche come attore?
M: L’ho già fatto in quasi tutti i miei prodotti e anche in alcuni dei prodotti di Fratter e Arioli, se contiamo anche quelli in cui faccio solo una comparsata allora direi quasi tutti i film di Fratter e Arioli. Probabilmente già lo sai ma dietro lo pseudonimo “Mike Hudson” si nasconde Maurizio Quarta.
L: Hai collaborato come effettista (e anche come attore) per altri registi come Christian Arioli (Profondamente – 1998, Il Virus – 2006, Parata Funebre – 1999) e Roger Fratter (Sete da vampira – 1998, Anabolyzer – 2000, Il male nella carne – 2002…). Com’è nata la collaborazione con loro?
M: Un atleta frequentatore della mia palestra un giorno mi disse “ma sai che la mia ragazza conosce un regista bergamasco (Fratter per l’appunto) che gira film horror come te? Partì il contatto e dopo diversi mesi ci incontrammo a casa sua, vidi i suoi lavori che all’epoca (1997) erano cortometraggi vincitori di vari festival e alcune parti di Sete da vampira che in quel periodo stava completando. Parlammo a lungo e decidemmo di vederci una seconda volta a casa mia dove mostrai a Fratter alcuni dei miei corti. Fu così che nacque l’idea di arricchire il film con qualche sequenza gore che effettivamente aggiunse al prodotto quel pizzico di sale che rese la pietanza più saporita. Da quel momento partì una serie di progetti collaborativi da Snuff ad Anabolyzer ecc… che mi vide in prima linea come sfx in tutti i primi frattermovies fino a circa il 2006.
Christian lo conobbi invece un anno dopo attraverso un contatto collezionistico, lui si interessò ad alcuni titoli horror in mio possesso e cominciò così a nascere un rapporto di amicizia. In seguito si interessò al cinema indipendente e lo presentai a Fratter il quale lo inserì nel cast di Anabolyzer. Da lì il passo fu breve e qualche settimana dopo realizzò, con la mia supervisione sugli effetti speciali realizzati da lui stesso, il suo primo progetto (Profondamente). Visto però il risultato scarsino della sfx decise, dalla seconda opera in poi, di affidare completamente a me la realizzazione di tutti gli effetti presenti nella sua filmografia fino al più recente Fiaba nera del 2011.
L: Nel 1982 hai diretto La Casa (The House). Cosa puoi dirci a riguardo? Tra l’altro il titolo rimanda inevitabilmente al film di Raimi. E’ una casualità oppure è un piccolo omaggio a Evil Dead?
M: Il mio è realizzato prima di quello di Raimi (che si è del 1981 ma da noi è stato distribuito nel 1984) e, a parte qualche coincidenza, è completamente differente nella tematica proposta. In realtà il film viene realizzato in modo completamente sperimentale dato che la costruzione della vicenda è alquanto curiosa. Essa non nasce come comunemente si tende a realizzare in un prodotto filmografico (impostando prima la sceneggiatura e poi effettuando le riprese filmate) ma girando sequenze a caso senza logica di continuità basandosi inizialmente solo sulle idee del momento e sul luogo in questione (la casa) e così il mio esordio come regista, attore ed effettista inizia un sabato di ottobre del 1982 dove con Dino Iula e Pietro Signorelli decido di dare il via al film.
La prima ripresa è il lancio nel vuoto di un manichino da me precedentemente realizzato (nel film sarà quello di Alfred Goen interpretato da Iula che viene gettato da un balcone dopo essere stato ucciso) e l’ingresso di Alfred Goen e Julius p38 (Iula e Signorelli) nella misteriosa stanza della torre. Nelle successive riprese (il sabato dopo) si decide di introdurre l’elemento pericolo ed ecco materializzarsi l’uomo con la maschera da diavolo, colui che ucciderà Goen e a seguito gli altri elementi del gruppo. Ora la vicenda prende forma e chiamo mia cugina (Rosi Riva) che interpreterà Helen Adams, la componente femminile della storia la quale prenderà il posto di Goen, dopo la sua prematura scomparsa, per tutta la successiva durata del film. La location si presta bene (mansarda e cantina) per offrire spunti di un certo fascino psichedelico e gli attori si difendono quel tanto che basta.
Così la storia prende vita e anche il film. Un doppiaggio casereccio effettuato dagli stessi attori e una colonna sonora delirante ricavata dalle musiche dei Goblin ma modificata da Iula, completano l’opera. Verso la fine degli anni ’80 il film viene trasferito su vhs mentre il 1° montaggio in pellicola subisce triste sorte finendo per sbaglio nel cassonetto dei rifiuti. Nel febbraio 2003, dopo un lavoro di rimontaggio, viene migliorato nella sua forma (la storia viene smussata di ben 7 minuti) che lo rende più fluido e capibile, in origine il prodotto infatti mostra chiari segni di incomprensibilità non solo a causa dei dialoghi a volte mal impostati ma anche per sequenze di non chiara espressione visiva.
Curiosità. Considerando negli anni ’80 i notevoli costi della pellicola S8 già pistata (quindi predisposta alla sonorizzazione audio) e un ristretto budget a nostra disposizione, si decise di comporre la base sonora con voci, rumori e musica su nastro audio mantenendo quest’ultima separata dal film (che in questo caso era muto) e sincronizzandola di volta in volta durante la proiezione del film medesimo oltretutto considerando poi che l’incisione non coincideva con i tempi della pellicola, la sincronia avveniva aumentando o diminuendo la velocità del proiettore basandosi sull’audio e non il contrario… in poche parole un vero sbattimento e questo tutte le volte che si proiettava il film. Se questo non è amore per il cinema.
L: Il 1999 è l’anno di Macabre. Parlaci del doppiaggio che caratterizza in modo particolare questo film e anche della deliziosa sequenza della necrofagia.
M: Macabre per chi non lo sapesse, è fratello di Parata funebre di Christian Arioli. Il progetto in origine era di fare un film a tre episodi ciascuno diretto rispettivamente da me, Christian e Daniel Frevert. Durante le riprese il progetto naufragò e si decise di abbandonare il soggetto iniziale convertendo il tutto in una unica storia. Frevert abbandonò il campo mentre io e Christian decidemmo di unificare tutto il girato e montare ognuno la propria versione. La sostanziale differenza oltre il montaggio che cambia completamente il senso della storia (una tra tante… la protagonista -Mara Leoni- in Parata funebre muore, in Macabre vive) è appunto il doppiaggio che tendo sempre a curare tantissimo in ogni mio prodotto e in questa vicenda era necessario che i protagonisti parlassero molto nella prima parte del film. L’intera sequenza richiedeva molto dialogo e mi dispiaceva che tutto finisse sminuito da un doppiaggio “fatto in casa”. Da qui la decisione di scegliere delle voci professionali (in questo caso quelle di Pino Colizzi e Roberta Paladini) che danno quel tocco di cinema anni ’80 che tanto mi sta a cuore e che rendono l’intero film senz’altro più accattivante anche nel resto dei dialoghi presenti nella vicenda. La scena cannibalica sul cadavere è stata un’idea di Christian ed è presente, montata diversamente, in entrambe le versioni. La cantina di un suo zio si è prestata a diventare cella di segregazione per la coraggiosa Mara Leoni (che qui supera se stessa manipolando e divorando pezzi di carne cruda sanguinolenta) e lì abbiamo allestito il set dove ho potuto preparare gli effetti speciali necessari alla realizzazione delle sequenze… ah, dimenticavo… un doveroso ringraziamento a Nekromantik al quale ci siamo un tantino ispirati.
L: Nel 2002 hai diretto Protomorphosis. Questo cortometraggio gode non solo di scene splatter ma anche di un fantastico melting che non passa inosservato. Cosa puoi dirci di questo corto? Com’è nata l’idea relativa al cervello…?
M: Grazie per il complimento. Protomorphosis nasce da una coproduzione con Daniel Frevert il quale qualche anno prima stava tentando di elaborare un cortometraggio fantahorror dal titolo Mostrum. Le idee di Frevert in merito al soggetto erano alquanto incerte perché in quel periodo lo ricordo poco ispirato e molto confuso. Un giorno, durante un nostro incontro e durante l’ennesimo tentativo di dare vita a Mostrum, mi venne in mente il super cult “Alien 2 sulla terra” e subito proposi a Daniel di realizzare un palese omaggio al capolavoro di Ciro Ippolito.
Scrissi il soggetto su una pagina di quaderno e lo proposi a Frevert il quale, entusiasta dell’idea, decise di produrlo addirittura in pellicola super8. In origine la storia parlava di un pescatore che, contaminato da un organismo sconosciuto, comincia a vagare per il bosco uccidendo dei malcapitati ma poi decisi di cambiare il ruolo del protagonista, da me interpretato, nel fotografo naturista che, contaminato da un organismo sconosciuto torna a casa sua e subisce una metamorfosi nel sonno trasformandosi a sua volta in un organismo identico a quello che lo ha contaminato (non prima di aver massacrato prima il postino interpretato dallo stesso Frevert e, successivamente, dopo la sua ragazza).
Nel luglio 2001 iniziammo le riprese (quelle nel bosco) ma per mie problematiche lavorative, sospendemmo per poi riprendere l’anno successivo nel medesimo periodo, luglio 2002, dove in tre giorni concludemmo il film. Il cambio del titolo in Protomorphosis (protoplasma+metamorfosi) concluse l’opera. La rappresentazione del blob parassita prende vita dall’idea di voler raffigurare la minaccia come un organismo (alieno o terrestre, questo non è dato saperlo) in grado di riprodursi, fagocitando in breve tempo il corpo che lo ospita, non prima però che questo si sia momentaneamente trasformato in un mostro spinto da una sete di sangue che gli necessita per completare la metamorfosi. E tutto ciò in una catena che non si sa dove comincia né dove finisce, difatti il parassita che contamina il protagonista potrebbe essere stato a sua volta un essere umano contaminato da un precedente parassita. Come stessa sorte toccherà alla ragazza (Samantha Jameson) nel finale del film quando trova ciò che rimane del fotografo trasformato.
L: Sacrarium Sect of Hell (2000) e Maniak sono i titoli di due trailer. Puoi parlarcene?
M: Due coppie di amici trovano una vecchia pergamena che rivela l’ubicazione di un luogo sacro teatro di riti occulti. Spinti dalla curiosità si mettono alla ricerca di codesto luogo nel quale erroneamente risveglieranno il male, resuscitando dei frati custodi del tempio e adoratori di un’entità demoniaca. Questa la trama di Sacrarium che è in realtà la mia versione rimontata e ridoppiata di un lungometraggio girato con Arioli nel 2000 dal titolo Abbazia Sec. XII Rex Inferi e che vuole essere un chiaro omaggio ai templari ciechi creati da Ossorio.
Diversi anni dopo la realizzazione del film Arioli era già passato ad altri progetti abbandonando in un cassetto il doppiaggio e la distribuzione di quest’ultimo. Non fui molto contento di questo, perché coinvolto com’ero in veste di attore protagonista ed effettista ci tenevo che il film avesse almeno un minimo di visibilità, fu così che proposi a Christian il permesso di appropriarmi del materiale rimontandolo, doppiandolo e distribuendolo firmandolo a nome di entrambi. Nel 2011 Christian completò il doppiaggio e lo concluse dando origine (come in Parata funebre e Macabre) a due versioni del medesimo film (la sua ovviamente quella ufficiale).
Maniak invece lo definirei il mio secondo lungometraggio e tra tutti i prodotti il più estremo della mia filmografia. Un uomo contrae una rara malattia venerea da una donna con cui ha avuto in passato una relazione sadica e perversa e che in seguito scompare. Fuggito da un ospedale psichiatrico e tutt’ora residente in uno squallido monolocale sito in una zona metropolitana degradata, vive perennemente passando da un lavoro all’altro, preda dei ricordi di lei e delle psicosi allucinatorie nel quale vede se stesso trasformarsi in un mostro purulento, visualizzando con ciò attraverso il delirio, la malattia che lo sta divorando. Solo uccidendo nel momento della manifestazione di codesta malattia, immagina di far regredire la metamorfosi, infierendo su giovani donne occasionali anche per vendetta verso il sesso femminile che lo ha contaminato. Altro omaggio ad un film di culto in questo caso Maniac di Lustig che ritengo uno tra i migliori horror realizzati nella decade 1980. Mi riservo di mantenere un po’ di segretezza sul prodotto dato che non l’ho ancora completato, potrebbe subire eventuali cambiamenti in corso d’opera e non vorrei svelare troppo di quello che potrebbe rivelarsi (ovviamente rispetto i miei lavori precedenti) un film molto duro da digerire.
L: Arriviamo a La casa dei morti viventi – L’iniezione 2 (1997). Innanzitutto chiariamo un dubbio sul titolo: il “2” presuppone che ci sia un capitolo precedente ma che in questo caso non esiste, vero? Perché questo titolo?
M: In realtà esiste eccome e addirittura in tre versioni: la 1° del 1991 di 45m, una versione (quella ufficiale) rimontata e ridoppiata di 43m e una del 2001 di 12m rimontata e ridoppiata per eventuali presentazioni a vari fest di cortometraggi. La casa dei morti viventi è quindi un reale seguito de L’iniezione.
L: Personalmente credo che L’iniezione 2 sia un vero gioiello del cinema underground di cui vorrei sapere quanto possibile. Ce ne parli?
M: Come spiegato poco sopra il film è un seguito diretto de L’iniezione e le sua realizzazione è funestata da un percorso veramente difficile tanto che ad oggi non rimane più nulla della sceneggiatura iniziale che lascia spazio invece ad un prodotto di recupero e montaggio, ma spieghiamo tutto dall’inizio. Due mesi dopo la prima visione de L’iniezione metto in cantiere il progetto di un seguito dal titolo Iniection 2 The Regeneration. La storia prevede che il folle mostro divora cervelli trasformato in un cadavere vivente, con l’aiuto forzato di una ragazza in suo potere, tenta nuovi esperimenti a casa di lei per far regredire la decomposizione che devasta il suo corpo, ovviamente questo prevede molti omicidi ed esperimenti con più personaggi maggiormente caratterizzati. Il progetto naufraga dopo aver girato tutto il prologo e i titoli di testa per discordanze con alcuni attori. Nel 1996 ci riprovo rimettendo in pista il progetto con il titolo La casa dei morti viventi L’iniezione 2 dove abbandonato il soggetto della precedente versione, giro delle scene inedite e monto il tutto con parte della storia de L’iniezione creando una sorta di seguito remake, ma ancora una volta la postproduzione si ferma per motivi legati a problemi lavorativi. Si dice che non c’è il due senza il tre ed ecco infatti nel 1997 l’ennesimo tentativo di riportare alla luce il film. Questa volta tutto finisce bene grazie anche alla distribuzione di quest’ultimo sponsorizzato dalla fanzine “Xelluloid” di Daniel Frevert. La versione del 1996 viene smontata eliminando alcune parti e rimontata con altre sequenze girate per un precedente lavoro mai realizzato intitolato La casa di sangue e parte del girato non utilizzato per realizzare il corto Carne umana (l’attento osservatore noterà infatti che ci sono delle incongruenze tra tutta la parte girata nella casa e la parte finale). Finalmente La creatura, ricucita a dovere come il mostro di Frankenstein, prende vita e si presenta così come oggi la si vede nella rarissima versione vhs, ad oggi unica edizione in circolazione. Testimonianza questa che sta a dimostrare come a volte l’arte del recupero possa dare risultati a volte discretamente dignitosi (e comunque sempre in ambito amatoriale di cinema zero budget e con mezzi inadeguati).
L: La fantastica scena dell’ago della siringa infilzata nell’angolo esterno dell’occhio è stata ripresa anche in Anabolyzer di Roger Fratter. Cosa puoi dirci a riguardo?
M: Fu una mia idea proporla a Roger per omaggiare il mio film L’iniezione e contemporaneamente creare una sequenza disturbante ma obbiettivamente un po’ forzata, infatti mentre nel mio film il siero iniettato nell’orbita aveva lo scopo di arrivare direttamente al cervello del soggetto per curarne la malattia, in Anabolyzer non è giustificata dato che gli steroidi di solito si somministrano per via intramuscolare.
L: Nei tuoi lavori si notano con piacere le tue preferenze musicali in fatto di film. Perché hai utilizzato famose soundtrack anziché musicarli con colonne sonore originali?
M: Se dovessimo fare un gioco dove ti inviterei a riconoscere dei brani musicali di almeno 20 film (horror) degli ultimi vent’anni stento a credere che tu ne possa indovinare almeno 2, poi ti rifaccio l’indovinello stavolta proponendoti musiche da film quali: L’esorcista, Halloween, Zombi, tutti i film di Argento fino a Phenomena, buona parte dei film di Fulci fino a Manhattan Baby, Buio Omega ecc… ecc… credo tu possa indovinarne almeno un buon 90%. Trovo che i temi musicali anni ’70 e ’80 diretti da maestri intramontabili, siano stati importanti quasi al pari del film stesso a cui sono sposati della serie che se Profondo Rosso avesse avuto una musica differente, magari anonima come se ne fanno oggi, non sarebbe stato lo stesso film… capito il concetto? Un tempo la musica calzava il film ponendosi al servizio di quest’ultimo, oggi la musica è un puro contorno per dosare il ritmo dello spavento e dei silenzi altrimenti troppo insistiti. Inserire temi musicali da film di quegli anni mi permette di omaggiare con i miei modesti lavori quelle che reputo le vere colonne sonore, dignitosi capolavori che oggi non sarebbe più possibile sentire nei film post duemila, non per impossibilità di composizione ma per scelta musicale che, a mio parere, nei prodotti degli ultimi due decenni è decisamente peggiorata.
L: I titoli dei film che hai citato in effetti hanno delle colonne sonore indimenticabili. Gli effetti speciali da te realizzati godono di un’artigianalità che rimanda a quella del vecchio cinema degli anni ’80. Quali sono i film horror di questo periodo che secondo te godono dei migliori effetti speciali?
M: Tom Savini e Giannetto De Rossi sono i miei ispiratori per eccellenza. Il taglio visivo dei loro effetti in film di culto come Venerdì 13, Maniac, Zombi, Zombi 2, L’aldilà, Quella villa accanto al cimitero tanto per citarne qualcuno, è quello a cui mi sono ispirato per ricreare i trucchi di tutti i miei prodotti e anche quelli degli altri registi per cui ho lavorato. Senz’altro da menzionare capolavori come La casa, La cosa, il giorno degli zombi, Scanners, La mosca e la lista sarebbe ancora lunga.
L: Se potessi scegliere, di quale film ti sarebbe piaciuto curare gli effetti speciali oppure la regia?
M: Paradossalmente di nessuno dei cult di sempre (quelli che vedo per me come i migliori) semplicemente perché sono talmente esagerati nella loro forma con i loro pregi e i loro difetti che così come sono non andrebbero minimamente toccati, chissà… magari mettendoci le mani io poi mi sarebbero piaciuti di meno.
L: Quale fra i tuoi film consideri ben riuscito? A quale invece apporresti delle modifiche?
M: Confermo per certo che per quello che ho dato in passato ho ottenuto quello che mi aspettavo da quasi tutti i miei prodotti, ma contemporaneamente con la maturità e l’esperienza acquisita oggi, rifarei tutto con maggior professionalità, credo comunque che questo sia un male comune… a distanza di anni ci si accorge sempre di poter fare di meglio.
L: La tua filmografia si ferma al 2006 oppure hai siglato nuovi progetti?
M: Purtroppo devo ammettere che l’ultimo lavoro realizzato risale al 2006 con il lungometraggio incompiuto Deeply aka Maniak che rimane tutt’ora inedito per problematiche ad oggi quasi risolte.
L: Stai lavorando a qualche progetto attualmente? Possiamo sperare in un tuo nuovo film?
M: Dopo Fiaba nera (2010) di Christian Arioli (per il quale ho curato gli effetti speciali), vari impegni di lavoro mi hanno allontanato da questa mia grande passione ma nel cosiddetto cassetto conservo ancora progetti irrisolti di lavori (tra cui lo stesso Maniak citato poco sopra) che a breve mi auguro, riprenderò e porterò alla luce quanto prima… spero forse già da questo anno.
L: Sei attivo nel panorama horror underground dai primi anni ’80. Come vedi il passaggio del nostro genere preferito negli ultimi decenni? Secondo te ci sono delle solide basi per tornare a contare qualcosa a livello internazionale?
M: In ambito estero l’horror ha fatto sicuramente grandi passi avanti grazie a tecnologie innovative. Purtroppo l’originalità lascia spesso a desiderare ma d’altra parte dopo un secolo di cinema, ora come ora che cosa si può più inventare di originale ormai? Diciamo che la mancanza di idee viene compensata con una buona resa visiva in termini di montaggio, fotografia, effetti speciali, che in precedenti decenni in molti film erano limitati alla sufficienza ma supportati da storie sicuramente di maggior spessore che hanno contribuito a lasciarci capolavori intramontabili nonostante il passare del tempo. Altra cosa se mi parli del cinema italiano, a mio malgrado devo dire che non nutro buone speranze per il futuro visto quello che circola oggi. A parte pochi lavori dignitosi, siamo lontani dal bel cinema che fu e lontanissimi da essere competitivi con prodotti esteri in generale (bastano da soli i nostri vicini di casa Spagna e Francia a darci lezione di cinema horror fatto come dio comanda). Inutile ribadire che la colpa di tutto ciò (a parte spesso l’incapacità del regista) è di un meccanismo produttivo e distributivo che non concede molto a chi coraggiosamente oggi vuole emergere magari con buone idee ma con pochi mezzi a disposizione anzi boicottando addirittura ciò che a volte si riesce a fare di buono con regole ministeriali che non stanno né in cielo né in terra.
L: Un’opinione su questa intervista?
M: Costruttiva e di grande servizio e soprattutto un grazie allo staff di DarkVeins che permette ad autori sconosciuti come noi di avere quel minimo di visibilità altrimenti non concessa da altri canali editoriali e non.
L: Lascia un messaggio agli amici di DarkVeins, ai tuoi fan e a tutti coloro che leggeranno questa intervista!
M: Saluto e ringrazio sinceramente fin da ora tutti quelli che leggeranno questa intervista augurandomi di aver lasciato a voi lettori, con il mio modesto contributo, un valore aggiunto a quella che è già la vostra grande esperienza in materia e Spero oltretutto di aver almeno in parte soddisfatto quella cerchia di estimatori che apprezzano i miei modesti lavori ma anche a chi invece li disprezza, raccontando i cosiddetti dietro le quinte che rivelano a volte realtà insospettabili confermando la regola di non fermarsi mai all’apparenza di ciò che si vede. Per ultimo un consiglio spassionato a chi come me si vuole cimentare in questa arte per passione… esprimetevi sempre in totale libertà facendo quello che ritenete possa piacere a voi e non quello che immaginereste possa piacere agli altri, avrete qualche soldo in meno ma tanta soddisfazione in più.
L: Maurizio ti ringrazio a nome di DarkVeins per le tue risposte esaustive e preziose. Inoltre grazie per la tua disponibilità!