Intervista ad Andrea G. Colombo di Horror.it

andreaIntervista ad Andrea G. Colombo, veterano del panorama horror italiano che da circa diciotto anni ha intrattenuto e spaventato i fanatici del genere con sito web, libri e riviste.

A: Chi è Andrea G. Colombo?

B: Un tizio con tante passioni, molte fissazioni, un casinista cronico, goloso patologico, odia le collezioni e i soprammobili, adora i film di azione, le arti marziali e i suoi due gatti neri, Lucifero e Attila…
Coltivo da anni la passione per la narrativa e il cinema a tinte forti, horror e thriller. Trovo intrigante il soprannaturale, le storie di spionaggio, le trame complesse. Leggo molto, guardo moltissimi film. I telefilm invece li seguo a stento: restare legato a un appuntamento settimanale mi scoccia da morire. Ho due o tre serie a cui sono affezionato e che non perdo mai.

A: Come nasce la tua passione per l’horror sia in campo letterario che in quello cinematografico?

B: In una forma o nell’altra credo sia stata sempre la mia passione. Sin da piccolo adoravo le storie di un certo tipo, mi piaceva inventare racconti tragici e drammatici. Guardavo gli horror in TV con un occhio solo, terrorizzato ma troppo curioso per smettere. Poi ho iniziato a divorare romanzi, e non mi bastavano mai. L’amore vero, sistematico e consapevole, è scoccato a vent’anni con un romanzo di Stephen King, Misery. Prima di allora guardavo e leggevo un po’ di tutto, ma fu con quel romanzo che scattò qualcosa e iniziai a leggere praticamente quasi solo horror.

A: Ti sei mai chiesto perché ti piace l’horror? Qual è la risposta?

B: Mi piacciono le storie a tinte forti, le emozioni. E non c’è niente di più emozionante di una vicenda in cui c’è la vita del protagonista in ballo. Vita e morte, senza troppi giri di parole. Cosa si può chiedere di meglio?

A: Quali sono i libri da cui non ti separeresti mai?

B: In generale, tutti i classici che mi hanno formato. Ho un legame speciale con ognuno di questi volumi. Parlo di centinaia di libri di autori differenti, letti uno dietro l’altro, bulimicamente. King, Barker, Lovecraft, Poe, Matheson, Bradbury, McCammon, Laymon, Klavan, Koontz, Lansdale. Più nel dettaglio, ho un legame fortissimo con due volumi in particolare, entrambi con dedica autografa dell’autore: uno di Joe Lansdale (che portai in Italia anni fa) e l’altro di Richard Matheson, che me lo autografò pochi mesi prima della sua scomparsa. E’ una copia di Incubo a seimila metri al quale ho riservato un comparto speciale della libreria nel mio studio. Una specie di altarino!

A: Ci parli dei tuoi primi racconti e delle prime pubblicazioni? Che ricordo hai di quel periodo?

B: Non sono particolarmente legato ai miei primi lavori. Agli inizi si fanno esperimenti, com’è giusto che sia, si lavora duro e si cerca di imparare tanto. Ma produci cose che quando le rileggi dopo anni, fatichi a sentire davvero tue: troppo diverse nello stile, nella costruzione delle frasi, nelle idee di base. Di tutto quello che ho scritto nei primi anni di sperimentazioni salvo a stento solo un paio di racconti. Diverso è il ricordo di quel periodo. Facendo un parallelo con la situazione attuale direi che c’erano molte meno possibilità di pubblicazione, ma c’era un entusiasmo che oggi fatico a sperimentare. Sarà l’età…

A: Molti dei tuoi racconti (Giuro, Testa di Morto, L’asfalto, La forcella del Diavolo, Boxed) hanno avuto una pubblicazioni in libri collettivi e sei stato il curatore di due antologie horror, Spettri Metropolitani del 1999 e Jubilaeum del 2000. Stai lavorando attualmente a nuovi progetti letterari?

B: Sto raccogliendo i racconti a cui sono più affezionato (sette, otto al massimo) per farne una antologia da distribuire gratuitamente in eBook tramite Hbooks, il contenitore editoriale di Horror.it. E’ una specie di mio ultimo omaggio alla narrativa breve che fatico sempre di più a praticare. Ho già titolo e copertina pronti, mi basta solo un po’ di editing per rendere più attuali i racconti più datati. Dopodiché chiusa la pratica, mi dedicherò anima e corpo al thriller che sto progettando ormai da qualche mese e che mi devo spicciare a scrivere, visto che l’editore aspetta.

A: Il Diacono era un esperimento che hai portato avanti su Horror Mania in cui hai coinvolto diversi autori. Nel 2010 è stato pubblicato da Gargoyle Books a firma Andrea G. Colombo. Puoi parlarci di questo romanzo?

B: La verità è che “Il Diacono” è nato dapprima come progetto per un romanzo. Poi mi venne l’idea di sfruttarlo su Horror Mania per presentare il personaggio ai lettori della rivista, ideando una versione “light” e completamente diversa della storia. Il personaggio ebbe subito un ottimo riscontro fra i lettori della rivista, così capii che l’idea del romanzo non era poi così folle e quando chiusi Horror Mania, mi ci potei dedicare a tempo pieno.
La storia narra dell’eterna lotta del bene e del male, ma in una prospettiva diversa dai canoni classici. Male e bene non sono così definibili come crediamo e a volte si può perseguire un obiettivo seguendo strade non ortodosse. Nel mondo che ho creato, l’equilibrio tra le forze in campo è stato spezzato da “qualcosa”, un avvenimento che resta misterioso fino alla fine del romanzo. Questo evento, ha fatto sì che fosse possibile per il Male, penetrare con facilità sempre maggiore nella nostra realtà usando gli esseri umani come porte, varchi spalancati attraverso cui il Male può irrompere e infettare la nostra realtà. Così un’entità terribile può irrompere in mezzo a noi, trascinandosi dietro tutto l’orrore che per millenni è stato faticosamente tenuto alla larga. La nostra salvezza è nelle mani di un piccolo gruppo di monaci esorcisti e del loro oscuro confratello, “Il Diacono”, appunto, un uomo privo di memoria, senza nome, senza passato. Il più potente esorcista mai apparso sulla terra dai tempi di Gesù Cristo…

A: Hai progettato e curato in veste di direttore due riviste horror: Horror Mania e Horror Time. Dopo i fasti della prima hai voluto ritentare con Horror Time. Perché questo progetto è andato in fumo dopo soli quattro numeri?

B: In verità non è che “ho voluto ritentare” con Horror Time: mi è stato offerto di progettare da zero una nuova rivista horror. Io e Paolo Zelati ci siamo presi qualche settimana per pensarci, perché avevamo molti dubbi a riguardo, poi abbiamo deciso di provarci lo stesso, nonostante niente potesse farci pensare che sarebbe andato tutto liscio data la situazione. Ma adoriamo le sfide…
Il problema è che se non fai parte di uno dei grandi gruppi editoriali che portano prodotti in edicola (Mondadori, Cairo, Rizzoli, Condé Nast) ti devi affidare a distributori che saranno pagati per non fare il proprio lavoro. Sembra assurdo ma è così. Abbiamo passato mesi a raccogliere lamentele dai lettori che non trovavano la rivista nelle edicole, per poi girarle all’editore nella speranza che il distributore facesse qualcosa, ma non è servito a nulla.
Il distributore non è obbligato a fornire alcun documento che accerti la distribuzione in edicola del prodotto, né è tenuto a chiarire le modalità del servizio e sta tutta lì la drammaticità della situazione. Le conseguenze della legge Bersani sul settore, sono state devastanti. Noi facevamo un mensile che in edicola ci restava meno di una settimana: l’edicolante rendeva la rivista prima di doverla pagare, cioè pochi giorni dopo averla ricevuta. Quindi dovevi pregare i lettori di cercare la rivista a tappeto solo nei primi giorni di uscita nel loro territorio (che cambiano da regione a regione, ovviamente) perché passati quelli, la rivista diventava introvabile.
Non so cosa ne pensi tu, ma per me questo è puro delirio, quindi l’unica cosa sensata da fare era ringraziare, salutare e fare i bagagli.

A: Hai intenzione di lanciare una nuova rivista o pensi che l’editoria cartacea sia vicina alla sua fine?

B: Per quanto mi riguarda con questi esperimenti ho chiuso, perché non ci sono assolutamente le condizioni per poter lavorare con serietà. Su questioni come il destino dell’editoria cartacea non mi pronuncio. E’ pieno di gente che annuncia la fine di questo o quello. E’ uno sport che non mi appassiona. Io faccio il mio mestiere e stop.

A: Dal 2000 sei il responsabile di Horror.it, il primo sito horror italiano. Quali gratificazioni ti ha regalato il portale in questi anni?

B: Abbiamo iniziato nel ‘96 con “IT, la rivista del cyberspazio” e ci siamo sempre trasformati, anno dopo anno. A giugno, saranno 18 anni che ci occupiamo di horror online, diventiamo maggiorenni. Un mare di lavoro ripagato da un mare di soddisfazioni, e dato che lavoriamo per passione (Horror.it è da sempre rigorosamente no-profit), le gratificazioni sono indispensabili.

A: Come valuti l’ambiente horror odierno sul web? Vi trovi delle differenze rispetto ai primi anni di Horror.it?

B: Abissali. Senza ombra di dubbio. Oggi la rete italiana è matura, ricca, con una offerta vasta e frizzante. Quello che manca è lo sdoganamento definitivo presso il pubblico di massa, ma questa è un’altra storia. Finché non ci sarà un mercato massiccio, purtroppo, le cose non cambieranno sensibilmente. E’ brutto da dire, ma la differenza vera la fa il mercato, non l’offerta culturale. Però – in fondo – a noi va bene anche così…

A: Sei un fan di Stephen King. Quali sono le trasposizioni cinematografiche delle sue opere che ritieni siano le più riuscite?

B: In barba a quello che ne pensa King stesso, inizierei con Shining. Film e libro sono due cose diverse, ma il film è meraviglioso. Poi Carrie, nella sua versione originale, e Misery. Mi è piaciuto anche un film minore come The Mist, che aveva un certo sapore “casereccio” che in fondo non guasta. Forse i meglio riusciti in assoluto sono i film tratti da opere non horror, come Le ali della libertà, Il miglio verde e Stand by me. E non dimentichiamo il film per la TV tratto da IT, che nella sua ingenuità è tutto sommato un prodotto godibile.

A: Citaci le migliori dieci pellicole horror mai realizzate.

B: Non posso che citarti le mie dieci preferite. Sulle migliori in assoluto passo la mano. Troppo soggettivo. Quindi, dicevamo: Halloween, Shining, Alien, L’Esorcista, Rosemary’s baby, Punto di non ritorno, Il Signore del male, Il seme della follia, L’Avvocato del diavolo, Ascensore per l’inferno, The ring. Ok sono undici. Lasciamo?

A: Ma sì, vanno bene anche undici! Come ti rapporti al nuovo cinema horror italiano?

B: Male.

A: Quali registi contemporanei menzioneresti senza indugi?

B: Veneravo letteralmente Michael Night Shyamalan, pensavo potesse diventare l’Hitchcock del terzo millennio, poi sono arrivate le delusioni di E venne il giorno e L’ultimo dominatore dell’aria e temo si sia perso per sempre. Avevo amato The Descent di Neil Marshall e pensavo di aver trovato un nuovo autore di culto, poi ho visto Doomsday e sono ancora lì che fisso lo schermo incredulo. Ho provato entusiasmo per Rob Zombie, poi l’ho visto avvitarsi su se stesso. Non capisco se abbia gettato la spugna o se ci regalerà un colpo di coda. Può ancora farcela. Diciamo però che a questo punto ho un po’ paura ad affezionarmi a qualcuno, ma se devo proprio dirti un nome, punto tutto su James Wan. Mi piace quello che fa con le sue pellicole, la sua estetica e il suo immaginario, li trovo molto affini ai miei gusti. Non lo osannano come autore di culto e forse è questo che lo salva: è un onestissimo regista che sa fare il suo mestiere. E lo fa.

A: Cosa pensi di questa intervista?

B: Impegnativa ma divertente. Grazie per avermela proposta.

A: Puoi lasciare un messaggio alla community di DarkVeins?

B: Divertitevi e diffondete il Verbo!

A: Grazie Andrea!

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Barbara Torretti
Barbara Torretti
Editor e moderatrice della community di DarkVeins. Appassionata di cinema horror, mi occupo anche di recensioni e di interviste attinenti il circuito cinematografico, musicale e artistico.

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