Intervista al regista franco-canadese Éric Falardeau che ci parlerà di Thanatomorphose, il suo film d’esordio in cui il corpo in decomposizione è il riflesso di un’anima morta, come affermato dallo stesso regista, è una “metafora della condizione umana”.
Tra decadimento e stati di decomposizione, Thanatomorphose pone un’intensa riflessione sulla morte e sul rapporto con il proprio corpo. Domande mirate e risposte esaustive aiutano a scivolare dentro a questo intenso “body-horror esistenziale” per conoscerlo a fondo.
Con quest’opera cinematografica Éric Falardeau sfiora il capolavoro di Jörg Buttgereit, Nekromantik.
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L: Ciao Éric, parlaci di te.
É: Sono un regista di Montréal. Ho diretto diversi cortometraggi e un lungometraggio, Thanatomorphose. Ho anche un ampio curriculum: conferenze, pubblicazioni, libri, persino una mostra d’arte per gli effetti speciali! Sono multitasking!
L: Qual’é la tua fonte di ispirazione nel cinema? Cosa ti attrae dell’horror?
É: Libri e musica occupano molto spazio nella mia vita. La letteratura e la musica sono le mie principali fonti di ispirazione e principalmente i libri quando mi occupo della sceneggiatura di un film. Il più delle volte è una singola frase letta che riesce ad alimentare la mia immaginazione.
Come altri anch’io sono molto attratto dall’horror. Sono nato in una piccola città nel Québec settentrionale. Non c’era molto da fare là, ma abbiamo avuto un ottimo canale televisivo pubblico e mio padre mi faceva guardare un sacco di film. Ho scoperto tantissimi classici americani ed europei guardando la TV via cavo. Mi ricordo chiaramente la prima volta che ho visto “Angel Heart” di Parker e “Phantom of the Paradise” di De Palma. La videoteca era molto fornita e ci si poteva trovare di tutto: per la maggior parte film horror e d’azione. Questo è probabilmente il motivo per cui ho una grande sensibilità combinata ad un forte amore per il cinema di genere.
L: Thanatomorphose è il tuo primo lungometraggio. Perché hai scelto un tema come la decomposizione? Da dove è nata l’idea di questo film? Perché un “body horror”?
É: L’idea mi è venuta semplicemente dalle ricerche che stavo facendo per la mia tesi di laurea, basata sui fluidi corporei nel gore e nel porno. Poi c’è anche il mio amore per un certo tipo di cinema che qualcuno etichetta come “arthouse horror” come i film di Jörg Buttgereit. Mi sono ispirato anche a quello che sentivo in quel momento, il mio stato d’animo. Spesso il primo film si concentra su ciò che si conosce, che si prova. C’è molto di me in quel film e nel personaggio principale.
L: Perché lo definisci un “body-horror esistenziale”?
É: Perché è un film che utilizza il corpo in modo grafico come metafora della nostra condizione umana. Il mio obiettivo principale non era mostrare solo le parti cruente, ma mostrare tutto ciò che esse comportano in relazione a noi stessi. Non sono interessato a portare sullo schermo immagini forti o disturbanti fine a se stesse o solo per il gusto di farlo. In questo modo sarebbe noioso. Secondo me, i grandi film dell’orrore utilizzano sempre il corpo come una scusa per parlare d’altro, come le nostre paure e la nostra condizione umana.
Thanatomorphose si concentra su come una ragazza reagisce a uno stato fisico, stato fisico che ha un suo significato. La questione principale del film non è “perché”, ma “come”: come lei reagirà a ciò che le sta accadendo? E’ un film sul corpo visto come un oggetto, una merce. E’ una pellicola che mostra il modo in cui trattiamo il nostro corpo, come ce ne separiamo e ci ricolleghiamo a noi stessi sempre attraverso di esso.
E’ un body-horror esistenziale e come tale l’ho diretto.
L: Perché strutturarlo in tre atti (“Despair”, “Another” e “Oneself”)?
É: “The Sickness Unto Death” di Søren Kierkergaard ha avuto un impatto enorme sul mio lavoro. La struttura in tre atti del film è tratta direttamente dalla sua “despair theory”. Un’altra influenza sono stati i libri del sociologo, antropologo, etnologo e studioso francese Louis-Vincent Thomas, che è stato determinante nella trasformazione della tanatologia come scienza e campo di studi. I suoi libri sono eccezionali perché si concentrano non solo sugli stati del processo di decomposizione, ma anche su quelli psicologici e antropologici.
L: Il termine Thanatomorphose indica il processo della decomposizione causato dalla morte. Nel tuo film porti in scena proprio questo processo di putrefazione. Che cosa ne pensi della morte? Hai studiato i cinque stadi di decomposizione umana?
É: Infatti ho studiato il processo di decomposizione. Ma volevo andare più in profondità. Mentre facevo ricerche ho scoperto che ci sono diversi stati della mente nel processo di lutto, sia quando hai perso qualcuno o sai che morirai. Una delle reazioni tipiche che molta gente tende ad avere è un aumento della libido per controbilanciare la morte imminente, che è molto interessante quando si lavora nel genere horror. E’ come se la vita stesse combattendo la morte fino alla fine.
L: Il personaggio principale (Kayden Rose) accetta il suo deterioramento corporeo perché lei non tenta di chiedere aiuto. Sembra amare il suo corpo morente. L’amore per il proprio corpo in putrefazione è simile alla necrofilia. C’è un po’ di necrofilia in Thanatomorphose? Cosa ne pensi dell’attrazione sessuale per i cadaveri?
É: Per me non si tratta di necrofilia, ma di come accettiamo le cose che ci accadono senza fare niente, di come non rispettiamo noi stessi e ci meravigliamo senza uno scopo nella vita. Lei era già morta dentro. Il suo corpo sta solo reagendo a questo e non essendo più in grado di controllare il suo corpo, il sentirlo andare via lentamente, la rende consapevole di se stessa ancora una volta, ritrovando il contatto con la vita. Ma è già troppo tardi. E per me era importante che il personaggio principale del mio film, che è morto dentro (in un modo simile come ne L’Etranger di Albert Camus), lentamente tornasse a vivere mentre il suo corpo si decompone. La sua stessa materialità rende consapevoli della sua esistenza e questo è stato uno dei tanti aspetti che volevo esplorare nel film.
L: Ci sono stati problemi per Kayden Rose nell’interpretare questa parte? Lei era sempre nuda e ricoperta di fluidi (e anche di vermi)…
É: E’ stato difficile per lei, ma è una vera professionista. A volte, verso la fine delle riprese, doveva rimanere coperta di make-up e di liquidi per 15, 16 ore e molto tempo ancora! Ma abbiamo deciso di utilizzare tutto questo a nostro vantaggio. Il suo corpo sembra stanco e si vede sullo schermo. E’ l’effetto che non si può ottenere in altri modi. Ha fatto un lavoro incredibile.
L: Puoi parlarci dei perfetti e inquietanti effetti speciali?
É: Abbiamo avuto 2 artisti degli effetti speciali. David Scherer (Theatre Bizarre, Chimères) era il nostro artista degli effetti pratici. Lui è francese così ha raggiunto Montréal per le riprese. Ha fatto un lavoro incredibile con un budget ridotto. E’ molto creativo e sa quanto siano importanti l’editing e la fotografia per una buona resa degli effetti speciali. Come il film, che è diviso in 3 atti, abbiamo progettato tre stili di make up che vanno dal semplice trucco alle protesi del corpo. David Scherer è il nuovo grande nome in questo settore. E’ il futuro Savini e De Rossi. Ha energia e talento.
Abbiamo lavorato anche con Rémy Couture (Inner Depravity, Art/Crime) il quale si è occupato dei liquidi (sangue, pus, ecc) e di alcune protesi mentre David si è preso cura di tutti gli effetti di decomposizione e del lavoro sul set.
L: Cosa ci dici della musica lugubre del funereo compositore Rohan Kriwaczek?
É: La musica e il suono sono strumenti molto importanti. Possono essere un personaggio, migliorano o danno al film il proprio stato d’animo, fanno appello alla fantasia dello spettatore e lo circondano, a differenza dell’immagine che si trova su uno schermo di fronte a lui. Musica e suono influenzano il corpo.
Ero già alla ricerca di una musica triste e altamente suggestiva, prima di trovare le registrazioni di Rohan. Mi sono imbattuto in “Guild of Funerary Violins” un paio di settimane prima di iniziare le riprese. La musica funerea con il violino è ossessivamente evocativa, potente, malinconica e solenne. E’ fortemente collegata alla musica romantica, offre fantastici accordi delicati e lamentevoli. Si adatta perfettamente al ritmo, all’estetica e al soggetto del film. “Guild of Funerary Violins” è semplicemente affascinante, ricca di suono e di furore. Inoltre, si integra perfettamente con i temi del film: la morte, la tristezza, il lutto.
L: Mentre guardavo Thanatomorphose ho pensato a Nekromantik per l’atmosfera cupa e funerea, per la visione potente e inquietante della morte. Questo film tedesco ha influenzato il tuo film? Cosa ne pensi di Nekromantik?
É: Buttgereit è uno dei miei registi preferiti. Non transigo su questo, per me i suoi film sono un vero esempio di ciò che il cinema horror indipendente deve essere: intrigante, stimolante, senza compromessi. Lui è uno di quei rari artisti che ha davvero elevato un genere cinematografico. Ammiro molto i suoi film e il mio preferito è sicuramente Nekromantik II. E’ un film molto maturo, pieno di profondità e di significati. Un capolavoro.
L: Quali sono le tue influenze cinematografiche?
É: Molte. Naturalmente, ci sono Cronenberg e Buttgereit. Amo anche i film di Ozu Yasujiro, Joseph Losey e Dario Argento. Tra i registi contemporanei sono un fan di Kim Ki-Duk, Michael Haneke, Paul Thomas Anderson, Nicolas Winding Refn e Wes Anderson. Ci sono anche film che guardo più e più volte come Phantom of the Paradis, Angel Heart, Hellraiser, The Servant…
L: Quali sono i tuoi progetti futuri? C’è una possibilità di un altro tuo body horror?
É: Sto lavorando su un paio di progetti al momento. In sostanza sto co-scrivendo un libro sul cinema erotico, sto raccogliendo fondi per girare un cortometraggio sperimentale e per scrivere due lungometraggi. Sono molto impegnato! Mi piacerebbe anche essere assunto per dirigere una sceneggiatura non mia. Non vedo l’ora. Quindi, se sei un produttore alla ricerca di un regista, io sono disponibile!
L: Lascia un messaggio per la comunità DarkVeins!
É: Grazie per aver letto questa intervista! Spero vi sia piaciuta tanto quanto è piaciuto a me farla. Continuate a sostenere il cinema indipendente! Saluti!
L: Grazie per il tempo che ci hai dedicato Éric!