Dopo aver cercato di capire come è perchè l’Autore abbia intrapreso la carriera di sceneggiatore, iniziamo ad addentrarci maggiormente nello specifico della sua attività…
D: In merito alla questione delle sceneggiature non accreditate, quali Zombi 2 (firmata da Elisa Briganti), Dèmoni, Dèmoni 2 e La Chiesa, puoi spiegarci come si sono svolti i fatti? Dei gialli, Perchè quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer (che presenta un delitto in ascensore ripreso pari pari da Brian De Palma nel più noto Vestito per uccidere) e Sette orchidee macchiate di rosso, hai realizzato solo il soggetto o anche la sceneggiatura?
Sacchetti:
“Il nostro è uno strano paese. In America ci sono regole rigide. Firma chi ha scritto l’ultima versione e deve aver scritto materialmente almeno il 33%, sono capaci di contare le pagine.
Qui non c’è una regola, per cui spesso firmano le sceneggiature registi che non hanno scritto una riga e magari sono stati chiamati all’ultimo momento, produttori, attori, direttori di produzione ecc…
Spesso, quando sei agli inizi e per amicizia, ti chiedono una mano, spesso di nascosto dal regista, dallo sceneggiatore ecc… la cosa accade per vari motivi…
Per quanto mi riguarda, non ho firmato “Ehi amico stammi lontano almeno un palmo“;
il mio amico Montefiori stava scrivendo la sua prima sceneggiatura, aveva convinto Giuliano Gemma a farlo e Michele Lupo a girarlo, mi chiese di dialogare con lui sul copione e forse ho anche scritto una scena o due, ma si è trattato di poca roba del tutto ininfluente…
Perchè quelle strane gocce… e Sette orchidee… ero sotto le armi, stavo in un poligono a fare esercitazioni di esplosivi. Una domenica venne a trovarmi un mio amico insieme ad un produttore, Gianfranco Couyoumdjian, che aveva problema con un copione. Il mio era un nome caldo perchè avevo appena fatto sia il Gatto che Reazione a catena. Il film iniziava di lì a poco, mi chiesero dei suggerimenti. Lessi il copione e feci delle correzioni a penna in quattro ore dentro la fulvietta spyder del produttore. Non ricordo bene nè il copione, nè quello che ho fatto. Ho solo cercato di far funzionare le scene di suspence e di inserire qualche colpo di scena. La cosa avveniva alll’insaputa del regista e dello sceneggiatore, che passava per essere un rompiscatole.
La domenica successiva tornarono e feci la stessa operazione per Sette orchidee.
Questi sono gli unici due film che non ho firmato subendo un’ imposizione, gli altri è stata per mia scelta.
Dèmoni è un mio soggetto ed una mia sceneggiatura, ma è stato un progetto travagliato. Piaceva a Lamberto, dovevamo produrlo insieme per conto di Martino, poi Dario, che aveva fatto Phenomena e aveva bisogno di fare un film di recupero, chiamò Lamberto. Dario aveva una sceneggiatura di fantascienza di Cozzi che non lo convinceva. Lamberto gli raccontò Dèmoni, che aveva un altro titolo (Dèmoni fu inventato da Dario), e Dario disse sì. In quel periodo ero di nuovo in rotta con Dario. Lui mi stimava ma non si fidava di me. Io lavoro con un metodo completamente diverso. Prima pretese l’inserimento di Ferrini (Franco, poi regista di Caramelle da uno sconosciuto, n.d.a.), che non capiva il film e cercava solo di accontentare Dario. Poi, dato che come tutti sanno ho un caratteraccio, Dario mi pagò e mi fece fuori, salvo poi essere richiamato a distanza di qualche mese per un polish finale, ma il deus ex machina del film ormai era diventato Stivaletti con i suoi effetti speciali (apro una parente, come direbbe Totò: durante la preparazione di Dèmoni Michele Soavi, col quale non sono mai andato d’accordo purtroppo per lui e per me, dando retta alle lamentele di Deodato e Lamberto, mi espresse la sua poca stima nei miei confronti. Peccato che lui non sappia che Luigi Montefiori, grande amico e mio estimatore, ha scritto la scaletta definitiva di Deliria nel mio studio prendendo a modello lo schema di Dèmoni, lì un cinema, qui un teatro. La conseguenza di tutto ciò fu che a firmare soggetto e sceneggiatura di Dèmoni siamo in quattro)”.
Sono stato richiamato in squadra, nonostante le liti, per la scarsa vena in quei momenti di Ferrini, ma trattandosi di un sequel avendo firmato in quattro il primo firmammo in quattro anche il secondo..
Inizialmente era Demoni 3. Ho partecipato sia al soggetto, che è un mio spunto, che a più di una versione di sceneggiatura. Il film doveva girarlo Lamberto. Lamberto aveva un problema: aveva firmato con Fininvest la sua prima produzione (Fantaghirò, n.d.a.). Doveva cominciare per contratto a girare entro ottobre. Eravamo già a luglio. Lui voleva fare a tutti i costi il film e contava su di me per accelerare i tempi, accusandomi poi di averci messo troppo tempo e di avergli impedito di completare la trilogia. Ci fu la solita discusssione. Dario mi dette un mucchio di soldi a patto che io non firmassi e non dicessi in giro che avevo scritto il film.
Il film cambiò titolo e cambiò la scena iniziale, Michele si ricordò delll’inizio di Conan (interpretato da Arnol Schwarzenegger) , che ho conosciuto a Londra mentre girava il film, e fece arrivare i templari al posto dei barbari, ricordandosi anche del film di Mann The Keep, La fortezza.
D: E’ stato recentemente trasmesso in tv il giallo di Fulci 7 note in nero (titolo di lavorazione “Terapia mortale”), la sceneggiatura è accreditata a Te, Gianviti e Fulci stesso. Puoi svelarci alcuni retroscena del regista? Il tuo primo lavoro realizzato con Fulci come lo ricordi? Quali sono gli apporti del regista in fase di sceneggiatura?
Sacchetti:
“Era il 1975. Avevo scritto “Roma a mana armata” che ebbe un successo clamoroso ed era veramente ben scritto, tanto che Lenzi, per riconoscermelo, non mise la sua firma come fatto tutti i registi. Il film fu visto dall’avvocato Todini, che avevo conosciuto quando avevo il contratto con Dino. Loro stavano cercando di mettere in piedi un giallo con Fulci tratto da un romanzo di Vieri Razzini “Terapia mortale”. Erano fermi da tre o quattro mesi. Non avevano prodotto neanche una riga scritta. Ogni settimana facevano una riunione e parlavano rassicurando i produttori. Fui imposto come esperto di “argentismo”, ma Fulci mi accolse con molto sospetto, diceva che ero la spia dei produttori, ma soprattutto non mi capiva. Lui, allora, amava la “vecchia”, ovvero Agatha Cristie, e insieme a Gianviti si spacciavano per grandi costruttori di trame. Gianviti, col quale ci fu un’ istintiva simpatia, mi consigliò di stare zitto e aspettare che Fulci cavasse le castagne dal fuoco. Roberto era una persona adorabile ma semplice, aveva scelto per se il ruolo di sceneggiatore gregario, ovvero portatore d’acqua del regista e veniva ricompensato da Fulci con una certa fedeltà perche se lo portava sempre dietro. Si facevano riunioni tutte le mattine, dalle dieci a mezzogiorno, poi il pomeriggio dalle quattro alle cinque e mezzo; dopo Fulci andava in giro per night in cerca di innocenti avventure. Si faceva chiamare il capitano per via di un berretto blù che portava quando andava a vela sul lago di bracciano. Durante queste lunghe ore, Fulci fumava la pipa, Gianviti fingeva di prendere appunti io smaniavo. Si passava su un “corda” come diceva Steno quando bisognava buttare dalla finestra chi aveva detto una cazzata, a “non vedo il lepre” (frase preferita di Fulci quando voleva dire non vedo il film e quasi sempre aveva ragione). Il guaio era che il romanzo di Razzini non offriva quelle cose che voleva Fulci e che volevano anche i produttori. Dopo un paio di mesi, forse anche tre passati a grattarci, quando i produttori stavano per licenziarci, Fulci ebbe la genialata: andò dai produttori e disse loro che il romanzo faceva schifo, ma che lui aveva una idea grandiosa. Quelli abboccarono. Gianviti cominciò a snocciolare una serie di film famosi da copiare (sic! si faceva così spesso). Fulci, che fingeva di essere cinico, ma in realtà era molto sensibile al sovrannaturale, aveva un teorema: che non si può andare contro il destino, che se il destino dice che ti deve accadere una cosa quella cosa accadrà inesorabilmente. Io, a mò di scommessa, gli dissi che si poteva aggirare il destino. Lui rispose che era impossibie. Io mi presi mezza giornata, e il giorno dopo gli raccontai il meccanismo del muro e dell’orologio che suona. Gli Piacque subito, Lucio capiva al volo quando una cosa funzionava. Scrissi un trattamentino in meno di cinque giorni, avemmo l’approvazione e scrivemmo la sceneggiatura, ma una volta consegnata ai produttori, per motivi che non ho mai capito, dissero di no. Fulci la prese, la portò altrove e trovò una nuova produzione in meno di un mese. Fu un periodo molto faticoso. Per sei, sette mesi tutti i giorni a casa di Fulci non a ragionare di cinema come piaceva a me, o a Dario, o Lamberto, ma a parlare in modo vecchio, da anni 50 con persone che non andavano più a cinema e non conoscevano le nuove tendenze. Fulci era molto “arrogante”. Io gli rispondevo per le rime e quando il film finì, per me fu motivo di sollievo, tanto che quando tre anni dopo ci fu zombi 2 preferii restare nell’ombra protetto da mia moglie. Non si lavorava bene. Ma era il metodo in voga allora. Se guardate le sceneggiature degli anni 50 vedrete che sono firmate da cinque, sei, sette anche otto persone. Si chiudevano in un albergo. Nessuno scriveva perchè non avevano dimistichezza con la penna, ma si facevano grandi racconti. Si prendevano appunti e le scenaggiature erano (a volte anche adesso) più che altro degli appunti con una lista dialoghi”.
D: Cosa ricordi del progetto La casa con la scala nel buio (1983) di Lamberto Bava? Sul set era presente, in veste di attore, il futuro regista Michele Soavi. Durante la lavorazione del film, il tuo ruolo era attivo (voglio dire: eri presente sul set?)…
Sacchetti:
“Il produttore Martino aveva comprato una bellissima villa con un bellissimo parco nel cuore di Roma, per recuperare dei soldi l’aveva affittata al suo ex organizzatore che l’ha usata come uffici e set per il film Zora la vampira (quello voluto da Carlo Verdone, n.d.a.). Un giorno Martino mi chiamò e mi disse che aveva una villa e voleva girare un film a basso costo tutto dentro la villa. Me la fece vedere e mi chiese di scrivere una storia. Si trattava di affrontare una di quelle sfide nelle quali, poi, mi sono specializzato di fare le nozze coi fichi secchi. Il problema è che spesso ai bassi budget si accompagnavano, mentre si girava, dei prelievi indebiti. Qui bisognerebbe aprire una parentesi sui registi. Gli autori sono quelli che difendono il copione e soprattutto il film. I mestieranti sono quelli che subiscono le violenze economiche dei produttori, sperando di continuare a lavorare se chiudono un occhio, senza rendersi conto che si danneggiano e basta. Per questo Dario è un autore, non solo per la sua visionarietà, ma perchè difende la sua opera. Comunque, quando consegnai la sceneggiatura Martino mi disse che non aveva un regista. Lamberto era un mio amico. Dopo Macabro (opera d’esordio ufficiale di Lamberto, n.d.a.), che non era malvagio, non aveva avuto fortuna. Era tornato a fare pubblicità. Io suggerii a Martino il suo nome e Martino fu subito d’accordo. Il film entrò quasi subito in preparazione. Andavo spesso sul set perchè la sceneggiatura era costruita su quella casa e bisognava adattarla momento per momento. Conobbi Michele Soavi che, durante le pause, riparava la sua Triunph dolomite e faceva pesi con una sbarra infilata in due bidoni pieni di cemento. Lui aveva fatto un film con Deodato, dove Lamberto faceva l’aiuto. Credo che fosse il film su Atlantide (I predatori di Atlantide, n.d.a.), film molto sfortunato a causa dei produttori che si erano avventurati in un genere a loro sconosciuto. Era obiettivamente un film non riuscito a cominciare dalla storia. Al contrario, considerando che La casa con la scala nel buio costò meno di duecento milioni, quello fu un piccolo miracolo. Gli mancava poco, come spesso accade ai film di Lamberto, per essere di categoria superiore. Solo con Dario che lo sprona a dare il meglio, Lamberto fa vedere le sue qualità, anche se è debole nella scelta del cast e nella direzione degli attori”.
La disponibilità di Sacchetti, l’umiltà (ma anche al consapevolezza dell’importanza del suo lavoro) che lo contraddistingue è uno degli aspetti principali che emerge da queste sue piacevoli dichiarazioni…
A presto per altre interessanti rivelazioni sul nostro grande Cinema italiano…