Harvest Lake è il nuovo film di Scott Schirmer, abile cineasta statunitense che ha già dato dimostrazione delle sue capacità nei feroci Found e Headless, film, questi, in cui si è occupato rispettivamente di regia e produzione. Quest’ultima sua fatica targata nel 2016 da Bandit Motion Pictures è invece estranea alle efferatezze dei titoli di cui sopra per invadere un terreno cinematografico troppo disusato negli ultimi anni ovvero quello dell’horror-erotico. L’opera di Schirmer si cala quindi in un contesto lontano dalla media delle produzioni odierne e lambisce territori cinematografici estremi, nella più totale assenza di sangue e di sequenze cruente.
Harvest Lake è un film indipendente che rispetta a pieno i significati del termine. Trattasi di una produzione matura, piena e che non soffre del suo low-budget ma che anzi riesce a circuire l’attenzione dello spettatore, anche quello più attento, per calarlo in un mondo immaginario dove l’erotismo più sfrenato è soltanto la maschera di un orrore imperante.
Le intenzioni di Schirmer, qui anche scrittore, sono chiare dall’inizio ovvero sin dalle prime sequenze in cui una bella e giovane coppia si intrattiene ai bordi di un lago, mostrando le proprie nudità senza alcuna remora. L’erotismo in Harvest Lake è immediato e colpisce lo spettatore facendolo infatuare di un mondo libidinoso e viziato in cui la carne viene scissa dallo spirito. Allo stesso tempo, da subito, il film si prende gioco dello spettatore, offrendo panoramiche di incredibile bellezza e dove lago, boschi e natura incontaminata cullano l’anima per poi chiudersi irrimediabilmente attorno all’avventura nefasta di un gruppo di ragazzi spensierati.
La loro goliardia si tramuterà ben presto in dissennatezza di spirito e quindi in lascivia, causa un’antica creatura che vive sui fondali di un lago. Proprio in questo contesto naturale, chiuso nella sua spaventosa vastità e avulso da qualsiasi legame col mondo moderno, Jennifer, Cat, Josh, Dan e Kevin vivranno una discesa senza ritorno, negli abissi della lussuria, abbandonandosi a qualsiasi tipo di rapporto finanche all’orgiastico ma anche di tipo omosessuale e lesbo.
Schirmer non ha bisogno di spiegare alcunché e lascia che gli spettatori di Harvest Lake si abbandonino al mondo erotico-fantastico, calpestando loro i sogni con un delicato erotismo e un orrore accennato, invisibile ma in grado di pervadere ogni singolo frame dell’opera. Allo stesso modo non ci è dato sapere chi sia la creatura nel lago e da dove provenga. È però viva e vigile e dimora sui fondali da tempi antichissimi alla continua ricerca di essere umani da plagiare. Con essa, anche l’ambiente circostante è mutato e così presenta invitanti deformazioni naturali che continuano a suggerire esplicite parti anatomiche sessuali trasudando erotismo da ogni poro. Queste forme di vità sembrano essere pensanti e addirittura respirano, gemono, pulsano al solo avvicinarsi di una preda umana da sedurre e trascinare nell’universale piacere della carne.
Harvest Lake è un’opera eterea, in continuo contrasto tra eros e thanatos e che riesce ad ammaliare chi vi si abbandona anche grazie alle musiche synthwave composte da Adam Robl e Shawn Sutta. I pad atmosferici e le sonorità di chiara matrice ottantiana (alla It Follows per capirci) sono cuciti sulle immagini per restituirci fantasie che apprezzeranno maggiormente gli over 30.
Così, se sin dall’inizio è palese l’uso rafforzativo dello score che si erge sui suoni d’ambiente a volumi non comuni, allo stesso modo, da subito è indubbia la presenza scenica di Ellie Church qui alle prese con un’ottima prova recitativa. L’intero film sembra costruirsi sulle fattezze della bionda protagonista e sulla sua apparenza così innocente quanto provocante. Allo stesso modo, l’ormai veterana dell’indie Tristan Risk ci fa dimostrazione della sua più alta carica erotica diventando nel film sinonimo di vizio e peccato. Schirmer conosce bene il potenziale erotico delle sue attrici e pertanto, per l’intera durata dell’opera, continua a offrire generosi primi piani delle due ragazze, quasi sempre in bikini. Jason Crowe, infine, nel ruolo più astruso del film, riesce a dare maggiore spessore al livello medio del cast proponendoci un personaggio in bilico, mai definito e che per certi versi guadagna un protagonismo parallelo perché icona delle devastazioni provocate dalla negazione della psiche in favore degli istinti primordiali.
Harvest Lake diventa oggi un prodotto di rilievo nella cinematografia internazionale anche per merito di Arthur Cullipher (regista di Headless), qui co-produttore ma anche supervisore dei semplici quanto efficaci effetti speciali. Escluso l’uso di CGI, nel film di Schirmer vi è un uso ragionevole quanto saggio degli special effects costituiti principalmente da creazioni artigianali. Non vi è mai ostentazione di capacità ma piuttosto una timida esposizione delle creature artistiche che, sinceramente, avrebbero meritato maggiore spazio nella durata complessiva nell’opera.