Doll Syndrome | Recensione film

doll-syndrome1Nell’attuale ciclo di moria concettuale del cinema italiano, laddove i più si rifanno al mero trito, il regista Domiziano Cristopharo propone un nuovo cinema autoriale, il suo, designato per pochi. Si avvale pertanto del solo canale che ad egli si confà, ovvero quello indipendente, foriero di sperimentazione ed espressione e che permette talvolta di sfociare nel vero e proprio film d’essai. Come appunto nel caso di Doll Syndrome.

Il nuovo capitolo della trilogia di Cristopharo, secondo dopo il Purgatorio di Red Krokodil, porta in scena l’Inferno, per guidare stavolta lo spettatore tra i meandri delle corruzioni mentali e delle deviazioni sessuali, in un girone perverso fatto di ossessive parafilie e di sadismo.

Il sipario si apre su una delle più realistiche trasposizioni filmiche della depravazione psicologica mai realizzate, inondando il palcoscenico con la fragilità umana e con la sua natura imperfetta.
I carnefici di Cristopharo sono al contempo vittime di tale imperfezione: tanta è la caratterizzazione che a loro viene riservata, da portare lo spettatore a dubitare dei dogmi personali; a rivalutare le responsabilità di tali colpevoli.
La platea, imbambolata, finisce per accettare passivamente il personaggio, nudo e crudo qual è
”.

L’utopistica carriera da sala di Doll Syndrome finisce qui, poiché questa nuova fatica di Domiziano Cristopharo non potrà mai essere proiettata, per volere dello stesso direttore, sugli schermi del grande pubblico. Ancora una volta, il regista ha scelto la strada dell’autarchia artistica (coadiuvato da uno staff brillante), anteponendo coraggiosamente la propria libertà d’espressione al rigore del mercato.
Ne è risultato un film oltraggioso e cinico che giustifica con oscena sfrontatezza la voglia di fare un cinema diverso, sempre con naturalezza e senza forzatura alcuna.
A Doll Syndrome è preclusa la distribuzione cinematografica non soltanto quindi perché dedicato ad un pubblico elitario e intelligente ma anche per l’oltraggio che questo simboleggia per la stragrande maggioranza degli spettatori comuni. A rinvigorire la mia tesi, l’esplicita eiaculazione (frontale) della quale siamo spettatori costretti, dopo pochi minuti dall’inizio, e che potrebbe metaforicamente rappresentare il diniego del regista verso l’odierna società. Metafora che potrebbe quasi prendere la forma di chiave di lettura dell’intera opera.

Quanti decideranno di apprestarsi alla visione di Doll Syndrome, dovrebbero tenere conto che questo film è di un realismo talmente crudo da risultare disturbante. Prima di procedere con la trama, tengo a sottolineare che nel film sono presenti atti di masturbazione, eiaculazioni, minzioni, rapporti sessuali e un’ispezione anale. Tra l’altro.
Sebbene quanto detto possa risultare già di per sè ingiurioso, il modo di raccontare di Domiziano Cristopharo non risulta mai volgare o fine a se stesso. Le perversioni sono qui raccolte e inglobate nel suo personaggio principale che, disturbato, viene quasi analizzato, con distacco.
Proprio come già fatto con il protagonista di Red Krokodil.

La storia è quella di uomo qualunque, apparentemente integrato con la società, e della sua pulsione sessuale nei confronti di una ragazza intravista presso un bar. Un sorriso sfuggente da parte di questa, inscena nell’uomo una catena di desideri e perversioni sessuali che troveranno sfogo tramite un feticcio. Il malsano equilibrio interiore di lui sarà presto distrutto dalla scoperta dell’esistenza dell’altro, ovvero una presenza maschile concreta nella vita di lei.

Doll Syndrome viaggia dunque sui binari del male che affligge il suo protagonista, la cui psiche è confinata in una dimensione perversa, infernale. A pagarne le conseguenze è il suo stesso corpo, al quale non è permesso l’amalgama con la mente. Un corpo che si muove come guidato dai fili in una vita che non è sua. L’autolesionismo, compiaciuto, diventa così l’unico mezzo per associare la carne con lo spirito, invece relegato nella gabbia di un personale inferno.
Il corpo, schiavo, diventa soltanto un mezzo per soddisfare il piacere ingenerato dalle perversioni. Che sia Lui, Lei, l’altro o la bambola, non ha importanza.
Sotto questa ottica, Doll Syndrome prende piena significanza anche in un contesto religioso nel quale quindi si configura ancora più il riferimento al luogo dell’Aldilà.

Il film però vanta anche profonde critiche contro il machismo, l’antimilitarismo e il maschilismo.

Questa è un’opera completa e dai significati profondi, che non può che far tornare alla luce il Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini. Nella personale visione dell’Inferno di Domiziano Cristopharo ben si configura ognuno dei tre gironi di Salò, che troverebbero in Doll Syndrome, oltre ad una rappresentazione analitica, anche una corretta collocazione temporale.

I meriti di tale capolavoro, ancor più se considerato nella visione globale di questa, eccelsa futura trilogia, non possono ovviamente andare al solo Cristopharo poiché il film brilla di una crew invidiabile.
Doll Syndrome è stato scritto da Andrea Cavaletto, già collaboratore del regista, tra gli altri, per la sceneggiatura dell’episodio Il giocatore di scacchi di Maelzel dell’horror corale P.O.E. Poetry of Eerie.
Le attenzioni non possono che ricadere, ancora una volta, sulla star scelta da Cristopharo. Così come Brock Madson era sorprendente in Red Krokodil, qui Tiziano Cella è un fuoriclasse.
L’attore protagonista incarna uno dei ruoli più difficili con i quali un artista possa confrontarsi: il pervertito. Tiziano Cella non cede un attimo e prende credibilità frame dopo frame, fino a far perdere allo spettatore la sottile linea di separazione tra finzione e realtà.
Buonissime anche le prove di Aurora Kostova, presa in prestito dalle mimiche teatrali e Yuri Antonosante, anch’egli credibile nel piccolo ruolo che gli è stato dedicato.
Doll Syndrome vanta poi un tappeto sonoro che, malgrado tutto, riesce nel compito di addolcire gli oltraggi presentatici, conferendo al tutto anche una velata nota poetica. Il tutto grazie Il Cristo Fluorescente e Jarman.

Quanti, dopo aver visto Red Krokodil, erano in trepidante attesa della nuova opera di Cristopharo consci del fatto che questa avrebbe rappresentato l’Inferno della sua trilogia, e che il primo capitolo era di per sè già poco superabile, si trovano oggi dinanzi ad un film che va oltre le aspettative.
Per quanto fossimo preparati a Doll Syndrome, non lo eravamo abbastanza.
Domiziano questa volta ha varcato i limiti, ma siamo sicuri che è già pronto a ripetersi.

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Barbara Torretti
Editor e moderatrice della community di DarkVeins. Appassionata di cinema horror, mi occupo anche di recensioni e di interviste attinenti il circuito cinematografico, musicale e artistico.

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