
La storia ha inizio a Torino nel marzo del 1983, quando un ragazzo di nome Giacomo Gallo assiste all’omicidio della madre, senza purtroppo riuscire a vedere il viso dell’assassino.
Dopo 17 anni, due prostitute vengono brutalmente uccise per aver erroneamente raccolto una busta di un “cliente”, contenente foto e articoli di omicidi commessi in passato. Del caso si occupa Ulisse Moretti (Max Von Sydow), come 17 anni prima, date le analogie con le morti attribuite ad un serial killer denominato “il nano” e considerato responsabile di almeno tre omicidi.
Le morti riprendono, con caratteristiche simili e bizzarre: il killer lascia sul luogo del delitto ritagli di cartone con la forma di un animale ogni volta diverso. Alla notizia, Giacomo Gallo (Stefano Dionisi) torna a Torino nella speranza di capire chi ha ucciso la madre molti anni prima. Insieme a Moretti, tenta di fermare l’assassino, attraverso le tracce lasciate dal misterioso killer. Scoprono che gli omicidi e gli animali lasciati sul posto seguono le strofe di una vecchia filastrocca. Ed il nano è solo uno strumento di una mente più raffinata, che lascerà spiazzati Moretti e Gallo.
Dello staff tecnico del film, fanno parte altre grandi firme: la colonna sonora è composta dagli eterni Goblin; gli effetti speciali sono curati da Sergio Stivaletti, il Tom Savini italiano; per la sceneggiatura, Argento si è avvalso della collaborazione dello scrittore Carlo Lucarelli, noto anche per le sue trasmissioni televisive su casi di omicidio irrisolti. Con un ensamble del genere, finalmente ritorna in grande stile verso un passato che sembrava ormai tramontato inesorabilmente. Argento ritrova la vena creativa smarrita ormai da diversi anni e da 4 o 5 film. Memorabili alcune scene, soprattutto quella della prostituta che fugge per tutto il treno, con riprese dalla telecamera posizionata all’esterno: di una sublime drammaticità. Tutti gli omicidi sono efferati e dal buon impatto visivo, con i sapienti effetti dell’ormai esperto Stivaletti. Se si deve trovare qualche pecca, è nel doppiaggio non sempre all’altezza ed in alcuni attori poco adatti al ruolo.
È duro competere con icone sacre del cinema thriller argentiano quali “Profondo Rosso” o “L’Uccello Dalle Piume Di Cristallo”, ma la strada intrapresa sembra quella giusta per un ritorno ai fasti del passato.
Recensione di Maxena