In my skin | Recensione film

DVD horror extreme TetroVideo

dans-ma-peauEsther è una giovane donna a cui, apparentemente, la vita sorride. All’avvenenza fisica può infatti unire indubbie competenze professionali, un fidanzamento a gonfie vele con Vincent, un buon rapporto con Sandrine, sua collega e amica. Una vita fatta di quotidianità d’ufficio e piccoli rituali mondani, durante uno dei quali la ragazza si ferisce ad una gamba inciampando su degli attrezzi in giardino.
La consistenza della ferita viene alla luce solo qualche ora dopo, segnando un cambiamento radicale nella vita di Esther. Inspiegabilmente, la giovane rifiuta di farsi curare e di farsi sottoporre ad una trapianto che ripristini l’estetica della sua figura, indugiando sempre più spesso su quella ferita. Toccandola, riaprendola, facendola sanguinare come se in lei si fosse risvegliato qualcosa di morboso e maniacale. Esther inizia ad assentarsi mentalmente dalla sua attività lavorativa, attività in cui ha ottenuto una promozione generando altresi’ l’invidia e il raffreddamento dei rapporti con Sandrine. E’ come rapita da un’altra realtà avente come unità di misura il suo corpo, la sua pelle. E’ con essa e su di essa che la ragazza si esprime, cominciando a ferirsi in vari punti assaporando il sangue fuoriuscito da ciascun taglio. Il suo isolamento è sempre più inesorabile, al punto che il suo unico agire diventa l’atto autolesionista che la porta, come dice il titolo, dentro se stessa, dentro la sua pelle.

Caso decisamente peculiare questo film, diretto ed interpretato da Marina De Van. Un soliloquio autodistruttivo stilisticamente sobrio e composto in cui lo spettatore viene trattato alla stregua di un voyeur passivo, lasciato volontariamente inconsapevole. Non si spiega, infatti, che cosa accade nella testa di Esther alla vista del sangue della prima ferita. Non si ha un flashback chiarificatore su eventuali traumi subiti o dolori risvegliati. Assistiamo semplicemente al disfacimento voluttuoso di un corpo per mano della sua legittima proprietaria, che ci coinvolge in una sorta di rapporto sadomasochistico in cui noi abbiamo diritto solo a guardare senza chiedere spiegazioni.
La pellicola si tinge cosi’ di oscurità e mistero, il ‘non detto’ viene ad essere spazzato via dall’unico motivo dominante, l’allontanamento dall’altro’ e il ripiegamento in ‘se stessi’, nella propria carne come unica realtà di contatto. Per la spiegazione di questa vicenda eventuali letture psicanalitiche potrebbero sprecarsi, e infatti si sprecano, in altre sedi. Ma questo non è il punto intorno a cui far girare l’interesse per ‘Dans ma peau’. Il film va preso non come ‘spunto per trovare una soluzione’, essendo piuttosto la piena e totale realizzazione di un impulso. Che poi si tratti di impulso erotico, feticistico e/o autodistruttivo questo non interessa durante la visione perchè la regista e la protagonista non cercano il nostro consenso, la nostra partecipazione, mettendoci invece a disagio. Un disagio generato dall’assistere ad un dolore inseguito, cercato e inferto in una solitudine quasi rituale, in una intimità – quella della feritrice col suo corpo ferito – in cui ‘ci’ scopriamo occhi indiscreti.

Note:
Il film è stato trasmesso su Fuori Orario sottotitolato in italiano.

Recensione a cura di venus in furs

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