Inferno | Recensione film

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infernoRose, una studentessa americana, è attratta da letture particolari e legate, apparentemente, a circoli alchimistici… Convinta che quanto narrato nel manuale esoterico “The three mothers” sia reale, e su indicazione di un passaggio del libro, si reca in uno scantinato di un palazzo di New York.

Il manuale, redatto da un architetto di nome Varelli, menziona l’esistenza di tre dimore che, in realtà, sono altrettanti accessi per l’Inferno.
La dislocazione delle porte “maligne” vede, oltre a quella di New York, l’ubicazione delle restanti a Roma e a Friburgo.
La giovane viene aggredita e uccisa da una creatura mostruosa, dopo essere sfuggita ad una misteriosa presenza nel fabbricato presso al quale era stata condotta da un indizio del libro.
Il fratello Mark, aspirante musicista e studente a Roma, preoccupato per una strana lettera ricevuta da Rose decide di fare ritorno a New York.
Qua, indagando, conosce Kazanian, uno zoppo bibliotecario che riforniva di libri la giovane Rose.
Nel frattempo, a Roma, una ragazza amica di Mark ed un suo vicino vengono brutalmente assassinati da un’entità diabolica.
Per Mark sarà l’inizio di un incubo perché avrà occasione di capire che Rose non era preda di visioni o affetta da delirio, ma di fatto, a conoscenza di una tremenda realtà: Kazanian ha costruito la dimora di New York proprio dove vivono Rose e Mark e in quel palazzo è presente la più terribile delle “tre madri”: Mater tenebrarum, la madre della Tenebre…
Inferno è, nelle intenzione del regista, la continuazione di una trilogia horror iniziata con Suspiria (Mater Sospiriorum) e, tutt’oggi, mancante del terzo capitolo.
Il film si avvale del contributo agli effetti speciali del grande Mario Bava e, pur nella sua trama “astratta” ed “irreale”, può essere considerato come opera essenziale della filmografia di Argento.
Persino Tullio Kezick (recensore particolarmente ostile al genere) all’epoca dell’uscita si lanciò in un parziale elogio della pellicola.
Argento, con il contributo dell’allora moglie Daria Nicolodi, crea una sceneggiatura allucinata e totalmente onirica.
Alcuni hanno visto, nella rappresentazione portata sullo schermo dal regista, una certa affinità alle atmosfere lovecraftiane (le dimore maledette, il paesaggio surreale evocato dall’eclissi lunare di central Park).
Un’opera, dunque, di certo valore nel panorama horror internazionale.

Recensione a cura di Undying1

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